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A colloquio con Valerio Pontarolo, Presidente della Pontarolo Engineering- a cura di Alfredo Martini

L’attenzione alla sostenibilità caratterizza ormai da alcuni anni anche la legislazione e le norme che regolano l’attività di costruzione edilizia. In particolare con il DM 11/10/2017 denominato “Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della pubblica amministrazione”, si sono introdotti nel nostro ordinamento i Criteri Ambientali Minimi (CAM), un provvedimento dal duplice obiettivo.

Da un lato spingere il mercato verso una maggiore trasparenza relativamente alla composizione e agli impatti ambientali derivanti dai diversi processi di produzione così come rispetto al loro utilizzo; dall’altro  favorire un processo di riutilizzo e di riciclo di materie prime e di materiali una volta utilizzati e dismessi. Il suo valore cogente risulta confermato e rafforzato dall’esplicito richiamo contenuto all’art.34 del D.lgs.50/2016, il Codice degli Appalti. Obiettivo del legislatore è quello di favorire la progettazione e realizzazione o riqualificazione edilizia in una prospettiva sempre piùgreen incentivando in questo modo nuovi modelli di produzione.

Al fine di una valutazione dell’eco-compatibilità, in rispetto dei CAM, i prodotti debbono dotarsi di specifiche etichette ambientali, che contengono tutte le informazioni riguardanti l’impiego delle materie prime, il ciclo di vita del prodotto, compreso il suo smaltimento e l’utilizzo di energia. Le etichette possono essere relative ad un singolo fattore ambientale o essere multi-fattore (con un numero minimo di prestazioni), possono essere obbligatorie, come quelle riguardanti le sostanze tossiche, o volontarie, riferite a specifici marchi accompagnate da certificazione di soggetti terzi riconosciuti.

Si tratta di uno strumento importante di trasparenza e allo stesso tempo volto a far crescere il mercato e la filiera delle costruzioni dal punto di vista di una cultura e di un’attenzione progressivamente sempre maggiore alla sostenibilità.

Un aspetto importante dei CAM attiene al riciclo di materiale di scarto e dismesso. Un tema che alla luce dell’attuale stato dell’arte merita alcuni approfondimenti e chiavi di lettura utili ad evidenziare la persistenza di norme che invece di favorire e incentivare scelte di economia circolare finiscono per ostacolare, rallentare e incidere negativamente su potenziali percorsi virtuosi. 

All’origine di queste scelte, al di là di una propensione personale o di una strategia aziendale specifica, volta a fare della sostenibilità uno strumento di marketing, il fattore chiave a cui fare riferimento resta la convenienza economica. Così ad esempio per alcune grandi aziende produttrici di ferro o prodotti similari il quadro normativo e le potenzialità di accedere a materiale da riciclare rendono vantaggioso un investimento a favore del riciclo e competitivo un prodotto che presenti l’utilizzo di riciclato. In altri casi, come ad esempio il recupero di inerti, persiste una situazione in cui pesa un quadro normativo in materia di rifiuti poco chiaro e incerto che disincentiva le aziende. Così come permangono problematiche connesse alle caratteristiche finali dei calcestruzzi con componenti di riciclato rispetto alla loro durata e qualità. Vi sono poi settori come quello della produzione di polistirolo, dove in molti casi il riciclo appare in assenza di determinate condizioni poco sostenibile e sicuramente poco conveniente.

Ne abbiamo parlato con Valerio Pontarolo, presidente della Pontarolo Engineering, mettendo a confronto i suoi due prodotti principali: i pannelli in polistirolo e i vespai di plastica per le fondazioni.

“Sulla base della mia esperienza appare molto evidente come nel caso della plastica il riciclo oggi sia non una eventualità, ma la strada maestra del processo di produzione dei miei vespai. Il prodotto che esce dal mio stabilimento è 100% realizzato con plastica riciclata. Conviene a me e conviene al mercato e anche alla Terra. Siamo in presenza della soluzione ottimale. Molto diversa è la realtà nel caso dei pannelli di polistirolo. La convenienza è legata al processo produttivo e alla gestione degli scarti e della loro individuazione come rifiuto. Qui la norma non favorisce il riciclo, in quanto le modalità con cui gli scarti/rifiuti vengono gestiti incidono sui costi di produzione e quindi di riflesso sui prezzi finali e sulla competizione tra diverse soluzioni costruttive. La mia esperienza credo possa essere utile per capire il problema e anche evidenziare alcune criticità proprio rispetto agli effetti sull’ambiente. Secondo la norma io devo trasformare i miei scarti in rifiuti. Perché ciò avvenga o devo portarli a chi viene riconosciuto come raccoglitore di rifiuti, dotato di carrello elevatore con gli strumenti per la verifica del peso, oppure lo devo diventare. Inizialmente mi sono affidato a terzi, ovvero prendevo gli scarti e li portavo al raccoglitore che poi me li rivendeva come rifiuti autorizzati al riciclo e li reimmettevo in produzione. A parte il costo di acquisto c’erano i costi di trasporto con i relativi effetti di inquinamento e di impatto ambientale. Poi ho avviato la pratica per diventare io stesso raccoglitore di rifiuti, così ora riciclo internamente nel pieno rispetto delle norme. Il risultato è comunque un aumento di costi e quindi dei prezzi che possono variare dal 5 al 10% in più.”

Non c’è dubbio che una buona politica di stimolo all’economia circolare debba passare anche per un’attenta valutazione delle convenienze economiche nei diversi settori e per i diversi prodotti.