Di Luigi Eugenio Riccardo – L’economia circolare è il nuovo paradigma di creazione del valore che mira a slegare lo sviluppo di imprese e territori dal consumo delle risorse naturali esauribili, mantenendone nel tempo il valore. Sostenuta dalla transizione verso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, l’economia circolare si basa fondamentalmente sulla ri-progettazione di prodotti e servizi e sullo sviluppo di nuovi modelli di business legati, ad esempio, a modelli di servitizzazione dell’asset o all’utilizzo di scarti come risorse per l’approvvigionamento.
Allontanandoci momentaneamente dal mondo delle imprese, per guardare quello delle istituzioni, possiamo renderci conto che Circular Economy significa soprattutto nuova politica industriale, fatta di regolamenti e normative capaci di supportare e incentivare la competitività di lungo termine delle imprese.
Azioni come il riavvicinamento delle attività produttive ai territori e alle comunità locali, il riutilizzo dei materiali e l’approvvigionamento da fonti rinnovabili, possono contribuire all’obiettivo di rigenerazione del capitale naturale del Pianeta – tema estremamente attuale, sostenuto soprattutto dalla necessità di risposta a sfide come scarsità di risorse naturali finite e volatilità dei mercati in cui le risorse sono scambiate.
Come riconosciuto anche da molti primari attori istituzionali (es. Nazioni Unite, OCSE, Commissione Europea, Banca Europea per gli Investimenti), l’economia circolare mira a incrementare l’efficienza e la resilienza dei sistemi economici, preservando al massimo il valore insito nei prodotti, componenti e materiali. L’acquisizione di un livello crescente di resilienza ed efficienza, per effetto del paradigma circolare, apre quindi la via a un processo complessivo di riduzione del rischio sistemico dell’economia. Infatti, le aziende che si orientano verso un modello circolare possono aumentare la loro competitività a medio-lungo termine, divenendo più attraenti anche per le istituzioni finanziarie in termini di finanziamenti e supporto creditizio, creando al tempo stesso un impatto positivo all’interno delle comunità in cui operano.
I benefici per le aziende sono apprezzabili in termini di riduzione dei costi di approvvigionamento, di aumento dei ricavi e di fidelizzazione della clientela. Una progettazione circolare dei beni di consumo, al fine di recuperare le risorse utilizzate inizialmente, evita un’estrazione intensiva di materie prime, la cui gestione spesso è connessa a criticità esogene e soggetta a crescente volatilità.
Infine, in termini economici, autorevoli studi stimano al 2030 in 4,5 trilioni di dollari il potenziale di messa in sicurezza del PIL mondiale, grazie all’economia circolare, e risparmi per approvvigionamento di risorse e materie prime in Europa di circa 1,8 trilioni di euro. L’Italia può giocare un ruolo fondamentale in questa fase di transizione, puntando sulle caratteristiche distintive del Made in Italy, sulla propria leadership nell’ambito del design e sulla forza delle filiere produttive.
Città ed Economia Circolare per il settore construction
A causa della loro densità, le città hanno un enorme potenziale per disintermediare gli stili di vita moderni dal consumo incondizionato di materiali, con conseguente generazione di esternalità negative (es. inquinamento). Le sfide che dovremo affrontare sono molteplici e complesse, in termini di aumento demografico e disponibilità di materie prime (per tutti) – soprattutto considerando che entro il 2050, il 66% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane.
Forse non sorprende che l’industria delle costruzioni sia il maggiore consumatore di risorse e materie prime non rinnovabili. Le città in rapida ascesa hanno l’enorme opportunità di sfruttare le tecnologie digitali per aiutare a condividere spazi ed edifici in modo efficace, tracciare i materiali lungo la loro vita, favorire il riutilizzo di tali materiali e aumentare l’accesso ai servizi per il cittadino. Le città hanno anche ampio margine per migliorare i risultati in termini di utilizzo effettivo degli spazi: il 60–65% degli uffici in Europa, ad esempio, è sottoutilizzato anche durante l’orario di lavoro. L’applicazione dell’economia circolare ai principi per la progettazione delle infrastrutture urbane è fondamentale per sviluppare nelle città economie inclusive, che funzionino a lungo termine.
Infrastrutture ed edifici progettati per essere de-costruiti a fine vita, anziché demoliti, sono parte di un pensiero circolare ambizioso e dirompente. Ma quali sono i modelli e le tecnologie appartenenti al mondo della Circular Economy per il settore delle costruzioni? Le caratteristiche principali, alla base del modello circolare, sono:
Disassemblabilità e design modulare – progettazione orientata a rendere facile la successiva dismissione dell’oggetto/struttura, adottando soluzioni di logistica inversa per il recupero di componenti e materiali
Durabilità – creazione di prodotti finiti di alta qualità, il cui valore può essere mantenuto a lungo nel tempo e al più alto livello possibile, anche grazie a facilità di riparazione, manutenzione e upgrading dei componenti
Energia rinnovabile – utilizzo di energia da fonti rinnovabili come base per la trasformazione, migliorando le prestazioni degli impianti, raggiungendo l’autonomia energetica e favorendo un’infrastruttura di smart grid
Servitizzazione – offerta di servizi/spazi in modalità pay-per-use, fidelizzando i clienti e mantenendo il controllo del bene nel tempo
Tracciabilità e monitoraggio– pensare ai materiali utilizzati come ad una risorsa perenne, capace di essere recuperata a fine vita in maniera semplice e conveniente. Un edificio, ad esempio, può essere visto come una banca di materiali, i quali sono stati stoccati nella struttura edilizia solo per un periodo di tempo limitato (pari alla vita utile dell’edificio)
Utilizzo di materia bio-based o riciclata – utilizzo di materiali rinnovabili, riducendo la dipendenza da materie vergini tradizionali e la relativa esposizione alla volatilità dei prezzi.
Articolo pubblicato su www.civiltadicantiere.it