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Di Stefano CauQuali saranno i nuovi modelli educativi dopo lo tsunami del Covid 19 e quanto questo influenzerà le tipologie e le forme degli edifici?

Il periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e i primi trent’ anni del Novecento fu tra i più rivoluzionari nei modelli educativi dell’infanzia: la sensibilità collettiva di allora nei confronti della tutela dell’infanzia sfociò nell’attivismo pedagogico fondato sull’ intreccio tra pedagogia, medicina e scuola. Il movimento di carattere internazionale che ne nacque, definito “ open air school” nei paesi anglofoni, “ècole de plein air” in area francofona, “Waldenschule” in area tedesca e “scuole all’ aperto” in Italia, deputato alla prevenzione e cura della tubercolosi, permise la definizione di nuovi modelli organizzativi della scuola fondati su due fattori: collocazione in un luogo naturale lontano dalla città, ricco di spazi all’  aperto (giardini, boschi, foreste) in cui allestire edifici semplici sul modello dei sanatori, con aule separate e di piccole dimensioni e un’organizzazione didattica, alternativa alla scuola tradizionale “indoor”, strutturata sui tempi ’lunghi’ della giornata, alternando le attività con la cura del sole e dell’aria, centrata sull’osservazione della natura, sull’attività pratica, sulla cooperazione e sulla scoperta.

L’ Italia, in particolare, partecipò a questo movimento internazionale delle scuole all’aperto, con una presenza quantitativa e qualitativa importante ed interessante, di cui ricordiamo tra le tante la scuola Grilli e la scuola Badini a Roma e il modello “puro” Montessori con la ‘Casa dei bambini’.

In tempi recenti tra i progetti più interessanti di scuole che interpretano i nuovi modelli educativi possiamo citare i progetti di dRMM, realizzati tra il 2004 e il 2015, per il sistema educativo inglese, contrassegnati dal valore dato dai progettisti alle istanze di allievi ed insegnanti, così come dal desiderio di creare connessioni con la comunità esterna per favorire un senso, contemporaneamente, di identità e di comunità.

Da segnalare, con particolare attenzione, è la Sanhe Kindergarden a Pechino progettata da OBRA Architects nel 2017, secondo una configurazione in “triadi” (tre ali, tre piani, tre aule per piano), che risultano familiari e facili da ricordare per le giovani menti degli alunni.

Questa sistemazione, infatti, richiama non solo le terne logiche di base note a tutti noi

fin dalla nascita: sinistra/destra/centro; sì/no/può essere; spazio/tempo/oggetti, e così via, ma anche la terna madre/padre/figlio, comune in un Paese dove, fino a tempi molto recenti, la politica di un solo figlio per famiglia è stata legge. La semplicità diagrammatica delle  facciate dell’edificio e del suo parco  viene poi disarticolata da una serie di terrazze, disposte in ordine sparso e connesse tra loro da scale esterne a sottolineare un percorso continuo tra ogni classe ed il parco giochi sottostante. Cosicchè, in un Paese nel quale l’educazione è sinonimo di rigore disciplinare, la Sanhe Kindergarden propone implicitamente un’alternativa pedagogica, che vede nel gioco la pietra angolare della conoscenza tanto da integrarlo nel tessuto stesso della costruzione.

C’è inoltre l’ultimo progetto di ricerca “Education Station”, le cui tappe ripercorrono l’evolversi dell’umanità (The Farm, The Village, The City, The Road, The World) in cui l’architetto Michele De Lucchi, con la collaborazione di professionisti di altre discipline umanistiche, tra questi il Centro Internazionale Loris Malaguzzi Reggio Children, disegna un crescendo di interazioni e multidisciplinarità.

Così De Lucchi descrive le sue architetture visionarie: “Mi è venuto in mente di realizzare delle specie di serre dove vengono tenute le piantine più fragili che si devono irrobustire prima di essere impiantate nel terreno. Un luogo dove tutti possono contribuire e accudire le piante per verificare come crescono, come si muovono ma anche coltivare questo rapporto con la natura. Un giardino d’ inverno incentrato sulla natura che diventa luogo di ispirazione per far crescere non solo le pianticelle ma anche le grandi menti.”

In sintesi, è possibile declinare tipologie e forme dei nuovi modelli educativi in tempo di post Covid? Si possono integrare con gli elementi delle “scuole all’ aperto” degli anni ‘20, o queste sono ancora oggi insuperabili?

Questa è la grande sfida contemporanea.

Articolo pubblicato su www.civiltadicantiere.it