Di Gianluca Nave – Vicepresidente ANCE Alto Adriatico
Negli ultimi mesi stiamo assistendo al proliferare di lavori afferenti alle agevolazioni fiscali: Superbonus 110%, Sismabonus, Bonus facciate, Ecobonus e bonus ristrutturazione al 50. Nella maggior parte dei casi si tratta di interventi di abbellimento delle facciate piuttosto che di un’adesione in toto a quanto prospettato dagli incentivi previsti dal Superbonus 110%. Ciò è dovuto a una serie di perplessità che pesano sulle scelte imprenditoriali e che riguardano soprattutto le procedure autorizzative, ma anche la complessità amministrativa e organizzativa, per effetto del coinvolgimento di molte figure della filiera: progettisti, istituti finanziari, Esco (Energy Service Company), spesso con un ruolo di General Contractor, e, per finire, le imprese esecutrici vere e proprie. Come ben si può comprendere più sono gli attori più si allunga la catena dei compensi, riducendone la redditività unitaria rispetto ai valori economici definiti dal Decreto Bilancio, con la conseguenza che l’attrattività del provvedimento è andata scemando.
E’ rispetto a questo mercato reale che è importante capire chi siano le imprese esecutrici. Nella maggior parte dei casi si tratta di imprese specializzate proprio in quelle lavorazioni che rientrano nelle tipologie previste dalle detrazioni fiscali, ovvero cappotti, intonaci, pitture, serramenti, impianti. Si tratta di ambiti in cui, accanto ad imprese vere e proprie, vengono chiamate ad operare un ampio numero di imprese individuali. Possiamo quindi affermare che il coinvolgimento delle imprese industriali di costruzione è assai limitato, in quanto per dimensione e competenze esse gestiscono la realizzazione o la ristrutturazione completa di un edificio, coinvolgendo le professionalità che oggi grazie alle poche limitazioni previste per collaborazioni e subappalti e l’insufficiente richiesta di requisiti e di certificazioni, finiscono per essere i veri destinatari di questo mercato. Ed ecco allora che assistiamo alla nascita e alla crescita di imprese, finora poco strutturate, con grande disponibilità di manodopera, che diventano gli interlocutori privilegiati delle innumerevoli commesse soprattutto da parte dei complessi condominiali. E’ questo il fenomeno più rilevante che si è creato per effetto delle grandi opportunità innescate dai lavori afferenti alle detrazioni fiscali e a cui si accompagna, per effetto di un eccesso di domanda, un rincaro dei costi delle opere. Un processo alimentato, altresì, da quella che oggi si sta caratterizzando come una vera e propria bolla speculativa da parte dei fornitori di materiali, dovuta alla declamata scarsa disponibilità dei prodotti per effetto della lenta ripresa di produzione a seguito della pandemia. Questi fenomeni si riflettono anche sul mercato dei lavori pubblici, dove si registrano ribassi percentuali calmierati e una diminuzione di partecipanti nelle procedure di gara.
Queste considerazioni ci portano alla conclusione che non sembra esistere nessuna correlazione tra il boom edilizio spronato dai “bonus” e l’aumento dei prezzi, accentuatosi dall’inizio del 2021, di alcuni importanti materiali utilizzati nell’attività di costruzione, quali metalli, materie plastiche, calcestruzzi, bitumi o legno. I rincari vanno imputati piuttosto alla scarsa disponibilità internazionale di materie prime e all’aumento del petrolio. Chiarito questo punto resta aperta la questione fondamentale di cosa si possa e si debba fare per fronteggiare gli eccezionali aumenti dei prezzi d’acquisto della maggior parte dei prodotti e materiali essenziali per l’attività edilizia. La prima questione sulla quale va trovata una soluzione riguarda l’adeguamento dei prezzi per quegli appalti, pubblici e privati, ove esistono degli Elenchi Prezzi già definiti. Un tema questo che è alla base di una annosa diatriba tra chi i prezzi li “confeziona”, i produttori, e chi li subisce dovendo utilizzare i materiali e i prodotti a cui afferiscono, ovvero le imprese edili. Un immediato provvedimento per adeguare i prezzi all’aumento delle materie prime a cui oggi assistiamo ed a cui gli esperti ci dicono che non solo non avrà un repentino calo ma che comunque si attesterà su valori medi elevati, è quello proposto dall’Ance. Intervenire rapidamente attraverso una correzione della rilevazione percentuale dei prezzi con cadenza trimestrale da parte del Ministero, mediante il varo di un Decreto Legge che preveda la liquidazione alle imprese delle somme a disposizione nei quadri economici, arrivando anche a rimodulare l’intera opera, sulla base del principio che a pari importo si eseguano meno magisteri.
Se questa soluzione consentirebbe di risolvere un problema contingente ed urgente, tuttavia essa non costituisce una risposta a possibili ulteriori variazioni dei prezzi, assicurando un’accettabile stabilità in un determinato arco di tempo. Per dirimere qualsiasi futura controversia sarebbe opportuno rendere evidenti le analisi dei prezzi ove, aggiornando le voci elementari, così come i valori della manodopera e, perché no, alcune peculiari situazioni operative, la lavorazione sarebbe congruamente attualizzata e liquidabile senza riserva alcuna. Per fare ciò sarebbe utile dotarsi di piattaforme digitali riguardanti i diversi settori merceologici più sensibili a variazioni di prezzi. Una base dati ove produttori e rivenditori, espongano i relativi listini aggiornati e dove, mediante una semplice consultazione, progettisti, committenze e imprese possano ottenere informazioni non solo economiche ma anche relative alle specifiche peculiarità territoriali.
Un sistema digitalizzato aperto e verificato, basato sulla trasparenza dei dati forniti da produttori, committenze e progettisti e con il coinvolgimento degli enti di governo del territorio, come le Regioni, acquisendo tutte le informazioni relative a forniture e disponibilità “a portata di cantiere”, consentirebbe di realizzare quell’edilizia a chilometro zero dando anche un contributo determinante a praticare quella sostenibilità che tutti auspichiamo. Si pensi soltanto al contenimento dei costi e degli impatti derivanti dai consumi energetici e agli sprechi dovuti al trasporto e ad una cattiva logistica.