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Se, da un lato, l’attenzione del dibattito pubblico è catturata dalle strategie e dagli investimenti per le opere infrastrutturali da finanziare con il Recovery Plan, dall’altro ci sono altre opere pubbliche non meno importanti e anzi spesso già progettate e quindi pronte ad essere avviate.

Si tratta delle piccole opere dei Comuni, su cui si sta avviando in questi giorni la macchina del finanziamento statale. Le opere sono piccole, ma ora quelle pronte a partire sono tante, grazie a una concentrazione inedita di aiuti centrali alla spesa in conto capitale degli enti locali. Fra quest’anno e il prossimo i sindaci puntano a creare oltre 9mila cantieri, che insieme cumulano 5,1 miliardi di euro.

Questa partita, che si concentra su dissesto idrogeologico e messa in sicurezza di strade e scuole, si affianca ai contributi per gli investimenti verdi. E insieme può determinare un aumento nell’ordine del 40% rispetto al livello normale della spesa di investimento dei Comuni, che negli ultimi anni si è fermata poco sotto i 10 miliardi di euro.

Il programma di investimenti per i Comuni nasce dalla legge di bilancio del 2019, che aveva deciso di rilanciare il modello spagnolo per gli investimenti locali, fatto di piccoli aiuti statali diffusi in cambio di progetti per obiettivi predefiniti e soprattutto di tempi certi, e brevi, nella realizzazione dei lavori. Questo programma, inizialmente impostato su un orizzonte lungo, fino al 2033, ha subito un’accelerazione a causa del Covid, che ha colpito duro anche sui conti pubblici, ma con la sospensione delle regole Ue ha aperto enormi spazi fiscali. Così il decreto di maggio, con i suoi 55 miliardi di indebitamento, ha colto l’occasione anche per accorciare il calendario del fondo per gli investimenti comunali. Con maggiori risorse a disposizione, i Comuni hanno accelerato e presentato al Governo numerosi progetti, in larga parte già pronti ma fin qui bloccati proprio dall’assenza di coperture.

I primi 1,85 miliardi sono stati assegnati dal Mef e dal Ministero degli Interni lo scorso 23 febbraio per finanziare 2.846 interventi di messa in sicurezza del territorio contro il dissesto idrogeologico avviati da 1.912 Comuni. Gli assegni sono parametrati alla dimensione dei Comuni, e arrivano a un milione di euro quando gli abitanti sono meno di 5mila, salgono a 2,5 milioni per gli enti fino a 25mila residenti e arrivano a 5 milioni per i più grandi. Per le opere più piccole, fino a 100mila euro, l’affidamento dei lavori dovrà avvenire entro l’estate. Per quelle fino a 750mila euro si potrà attendere l’autunno, mentre le più grandi avranno tempi maggiori ma compresi in ogni caso entro l’autunno 2022.

Nel frattempo sempre i Ministeri dell’Economia e degli Interni stanno lavorando a una nuova tranche di finanziamenti, che entro maggio dovrebbe coprire un altro tratto della graduatoria con ulteriori 1,75 miliardi.

I 3mila interventi rimanenti probabilmente saranno coperti anche con una fetta dell’anticipo (fino a 23 miliardi) sul Next Generation EU, se si riuscirà a presentare il Piano entro fine aprile. Sempre ai fondi del Recovery sarà affidato anche il compito di finanziare altri progetti per 49 miliardi che intrecciano gli enti locali. L’obiettivo è quello di riportare gli investimenti comunali a viaggiare a ritmi di circa 20 miliardi l’anno. Sono i livelli che si registravano fino ai primi anni Duemila, quando l’Italia cresceva a tassi più elevati rispetto a quelli che hanno cadenzato la lunga stagnazione pre-Covid.