Redazione NEC
La direttiva europea che impone ai paesi membri di trasformare il patrimonio edilizio per renderlo “green” non ha riscosso particolare successo in Italia, paese che investe molto sul mattone, ma che è in netto ritardo in tema di efficientamento energetico.
La bozza della direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici (EPBD) prevede: emissioni zero a partire dal 2030 per i nuovi edifici, emissioni zero a partire dal 2050 per gli edifici da riqualificare. Step intermedi per riqualificazione energetica degli immobili: entro il 1° gennaio 2030 almeno la classe di prestazione energetica E, entro il 1° gennaio 2033 almeno la classe di prestazione energetica D e infine, tra il 2040 e il 2050, arrivare al livello più basso possibile di emissioni. Faranno probabilmente eccezione edifici storici (se ufficialmente sottoposti a vincoli), strutture temporanee, luoghi di culto ed edifici utilizzati a scopi di difesa.
È scientificamente provato che gli immobili inquinano: dal 40% dell’intero consumo energetico al 36% delle emissioni di gas serra nella UE, il mattone è finito sul banco degli imputati come uno dei peggiori nemici della transizione energetica. Tuttavia, proprio negli ultimi giorni, l’Europa sembra essersi “ammorbidita” e, tra le ipotesi che circolano dalle parti di Bruxelles, vi è quella di non rendere obbligatorie le ristrutturazioni per l’efficientamento energetico degli immobili. Entro marzo conosceremo le decisioni ufficiali.
La situazione in Italia è piuttosto complessa: circa il 60% degli immobili residenziali è di classe F o G, mentre se guardiamo all’obiettivo 2033, aggiungendo anche gli edifici di classe E, la percentuale di inadeguatezza energetica arriva al 77%. Numeri peraltro anche migliorati, seppur di poco, negli ultimi tre anni grazie all’aiuto concreto fornito dal Superbonus 110.
Solo per riqualificare tali edifici – sono tra i 3,1 e i 3,7 milioni – secondo stime ANCE saranno necessari 40 miliardi all’anno, ai quali si sommano 19 miliardi per la riqualificazione energetica degli immobili strumentali. La mole di investimenti supera quella movimentata dal superbonus, che in due anni ha convogliato 62 miliardi di lavori su circa 360mila edifici tra condomini, case unifamiliari e unità indipendenti.
Andando ancora più nel dettaglio, emerge che in Veneto, le case energivore (classe F, G, E) sono quasi 800 mila. Il presidente di ANCE Veneto Paolo Ghiotti si è espresso chiaramente sul tema: “È tempo di voltare pagina: un appartamento di 110mq in classe G consuma 1300 euro in più l’anno rispetto a uno di classe A. Parliamo, per molti, di un’intera mensilità. La soluzione è trasformare la casa stessa in un unico grande termosifone. L’isolamento, infatti, protegge da freddo e caldo sfruttando la protezione del cappotto. Ne guadagneranno il valore della casa, il risparmio sulle bollette e il benessere dell’abitare”.
Insomma, la transizione sarà faticosa e dispendiosa, ma ne varrà la pena. Non a caso, dati Istat ci dicono che il valore delle abitazioni di nuova generazione è salito del 6,6%. Risultato avvalorato da un’indagine Swg per Confindustria Assoimmobiliare: il 56% degli intervistati dichiara di voler acquistare un immobile di classe A, il 55% esclude l’acquisto di una casa con classi da E a G anche con prezzo inferiore. La speranza, per tutti, è che arrivino gli incentivi per costruire in classe A e riqualificare un patrimonio immobiliare perlopiù risalente a 50 anni fa.