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Redazione NEC

Fermat Design è un’azienda friulana di consulenza e fornitura di soluzioni informatiche per il BIM.

L’azienda deve il suo nome alla passione per la matematica del suo fondatore Federico Lenarduzzi che ha deciso di chiamarla così in onore del matematico francese del Seicento Pierre de Fermat.

Lenarduzzi, CEO e founder, con Fermat Design è professional partner di NEC.    

 Quale percorso dovrebbe fare un piccolo studio di progettazione per avvicinarsi al BIM?

Secondo la nostra esperienza, è necessario comprendere l’intero processo per poi posizionarsi in maniera corretta all’interno della filiera. La digitalizzazione del settore BIM (Building Information Modeling) presuppone un approccio non più da “staffetta” ma da “squadra” da parte di tutti gli operatori coinvolti. Dunque, non solo un passaggio di informazioni, ma un lavoro di squadra da parte di tutta la filiera. Dalla comprensione della filiera emerge il ruolo dello studio tecnico.

In seconda battuta, bisogna dotarsi internamente delle competenze necessarie a svolgere il proprio ruolo al meglio e, solo dopo, selezionare gli strumenti software più adatti. Da quello che abbiamo imparato in questi quasi 10 anni di BIM, gli strumenti sono l’ultima scelta di uno studio. È necessario prima costruire la struttura interna che presuppone prima di tutto l’acquisizione di nuove competenze.

Quali sono gli elementi fondamentali? Formazione, software e…

Più che elementi fondamentali, formazione e software sono prerequisiti per fare BIM. Un po’ come studiare per prendere la patente: comprendere le domande non implica un precedente corso di italiano, la conoscenza della lingua è data per scontata.            
Gli step su cui si ragiona sono il processo e dati, veri elementi fondanti della digitalizzazione. La sfida dei prossimi anni sarà quella di gestire i dati al di fuori dei modelli per raggiungere un obiettivo.

Esiste un modo per capire come orientarsi nella vasta offerta di soluzioni?

Non esiste una modalità univoca per orientarsi nella nostra offerta di soluzioni poiché ogni studio ha le sue peculiarità; effettuiamo una breve analisi dello studio tecnico per qualsiasi impresa o azienda che si rivolga a noi, allo scopo di capire quali sono i processi interni e gli obiettivi.         
Il processo BIM è piuttosto articolato e ci capita di rado che un cliente abbia le idee chiare su come digitalizzare la propria azienda. La fase di analisi iniziale serve appunto a creare un terreno e un linguaggio condiviso su cui costruire la nostra proposta. Le variabili sono numerose: il tipo di committenza, pubblica, privata o mista, lo sviluppo di una o più discipline (architettonica, impiantistica o strutturale), la gestione interna della computazione, il cantiere e via dicendo.
L’analisi diventa quindi fondamentale per avere un’idea chiara di come sta lavorando il nostro cliente e soprattutto quali sono i suoi obiettivi. Spesso, il cliente non è in grado di capire dove può portarlo il BIM: bisogna parlare la stessa lingua per tracciare la via corretta.

Una PMI deve seguire lo stesso percorso o ci sono delle differenze, delle specificità metodologiche e di approccio?

La metodologia è simile nella misura in cui si comprendono l’intero processo e i suoi fondamenti, varia molto invece su come si implementano metodi e strumenti legati alla peculiarità dell’azienda. Il BIM non è un software, non è una tecnologia, non è un database ma è prima di tutto un approccio collaborativo che scompagina tutti i ruoli precedenti nella pratica di costruzione: in sostanza gli attori cambiano completamente il proprio ruolo e hanno diverse funzioni.
Dunque il processo è uguale per tutti, ma risulta fondamentale capire qual è il proprio ruolo e il proprio posto all’interno della filiera.
Prima si capisce dove andare, poi noi ci occupiamo di un lavoro di “retroingegneria”: sappiamo qual è il punto finale del processo e andiamo a ritroso passaggio per passaggio fin  quando non costruiamo l’intero schema.

Cosa sta cambiando e come affrontare queste evoluzioni?

Il cambiamento che si intravede all’orizzonte riguarda l’evoluzione delle stazioni appaltanti e dei committenti che, timidamente, cominciano a comprendere i vantaggi di una gestione BIM dell’opera e quindi cominceranno a pretendere che la filiera a monte della costruzione generi e gestisca modelli digitali per finalità di controllo e di aumento dell’efficienza. Dallo sviluppo senza progresso stiamo passando allo sviluppo con un po’ di progresso. In Italia, rispetto ad altri paesi, manca una committenza che sia in grado di comprendere quali sono i vantaggi di questo approccio e che soprattutto abbia gli strumenti per gestirli. Poter simulare il comportamento di un edificio e tutto quello che contiene è un passaggio culturale prima ancora che tecnologico. 
Tuttavia, l’evoluzione dei committenti sta finalmente iniziando e, secondo il mio parere, sarà il motore della rivoluzione digitale nell’ambito delle costruzioni.