Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

di Alfredo Martini – Non esito a definire Luisa Fontana un architetto visionario. Un architetto che progetta immaginando il futuro come qualcosa che è necessario per fare bene il proprio lavoro. Un lavoro che ha uno scopo su tutti: far stare bene le persone. E questo si concretizza innanzitutto nel modo di lavorare con i suoi collaboratori. Riflettere su quello che sta succedendo e proiettare le difficoltà di oggi in un domani possibile e migliore è stato l’oggetto della nostra chiacchierata.

“Il contesto in cui oggi un architetto lavora è cambiato e continua a cambiare. All’origine c’è l’utente finale in cui cresce la consapevolezza che oggi deve chiedere qualcosa di diverso da quello che ha chiesto finora. E noi dobbiamo aiutarlo a capire e a scegliere ciò che gli serve. Dobbiamo anticipare, in qualche modo creare la nuova domanda, sia privata che pubblica. Le persone sono disorientate. Possiamo dire che la domanda sta cambiando ma che ancora non è matura. I suoi confini e i suoi contenuti sono fluidi. Ti faccio un esempio concreto che riguarda alcuni progetti di edilizia ospedaliera che lo studio sta seguendo, a Montecchio e a Malta. Nell’organizzazione degli spazi all’interno di un ospedale, per effetto della pandemia e delle nuove esigenze legate alla sicurezza, ma non solo, diventa importante e urgente ripensare i modelli prevalenti. Penso ai percorsi a come riprogettare la mobilità all’interno per ridurre i rischi. Per quanto riguarda gli spazi abitativi del futuro essi devono essere innanzitutto flessibili. Dobbiamo renderci conto che non possiamo più disegnare e organizzare gli spazi secondo una sequenza di stanze così come abbiamo fatto da sempre. Flessibilità vuol dire gestire lo spazio con una molteplicità di funzioni. E se pensiamo che la maggior parte delle persone vive in città e in appartamenti, allora appare chiaro quale sforzo dobbiamo fare per dare risposte efficaci ai nuovi bisogni e alle nuove funzioni, appunto flessibili. L’altro elemento che dobbiamo sempre tenere presente è la domanda di sostenibilità. Il che riguarda soprattutto la gestione della casa, come qualità ambientale, ma anche come costi e facilità di manutenzione. Su questo la domanda è già matura. Dobbiamo renderci conto che sta cambiando tutto. E quindi anche chi come noi deve progettare il futuro deve fare uno sforzo enorme di comprensione e di immaginazione.  Dobbiamo cambiare la nostra filosofia, la nostra visione nel rapporto tra funzioni e spazi. Dovremmo ad esempio iniziare a progettare scuole senza aule. Pensare a una normalità diversa da quella che fino ieri conoscevamo. Si pensi a come cambieranno i luoghi di lavoro per effetto dello smart working. Dobbiamo analizzare con grande attenzione cosa si può fare e conviene fare in presenza. Penso alla progettazione di concept, alla messa a punto della visione. Viceversa un project manager può tranquillamente gestire un progetto a distanza. Ed è quello che sta avvenendo nel nostro studio. La riflessione e il confronto per creare le idee che poi orienteranno e contribuiranno a definire il progetto è essenziale che avvengano in presenza, guardandoci negli occhi, sentendo i cervelli in azione, vivendo insieme il processo creativo. Una volta partita la fase di gestione del progetto allora ecco che chi lo deve seguire può farlo, come nel caso dell’Ospedale di Malta, da un piccolo borgo del Trentino, immerso in un ambiente in una habitat più qualitativo che migliora le sue prestazioni.”

Tutto questo impatta quindi anche sul tuo modello di studio di architettura, sul vostro modo di lavorare.

“La mia idea di studio è quella di un organismo vivente collettivo e per questo non statico ma in continua evoluzione. Ciò che lo caratterizza in questa fase è l’intergenerazione, una forte compresenza, collaborazione e interazione tra persone di età molto diversa. I risultati migliori provengono da un mix virtuoso tra competenze digitali ed esperienze maturate nel tempo. Far interagire e lavorare insieme senior e junior è il valore aggiunto oggi dello studio, ovvero un mix di competenze digitali e conoscenze esperte. Una volta la conoscenza si trasmetteva in maniera lineare: l’anziano insegnava al giovane, ora invece i giovani sono portatori di conoscenze digitali specifiche, che sono preziose. Soprattutto nella interazione tra digitalizzazione e comunicazione. Così si opera all’interno di un rapporto biunivoco verso la creazione di soluzioni allo stesso tempo innovative e fattibili. Il trend è di aumentare la dotazione informatica e approfondire i processi automatizzandoli in modalità digitale. Andiamo verso un’offerta di Design computazionale. Intendiamo puntare su servizi sempre più innovativi che pochi hanno. Essere rigidi o poco aperti al cambiamento è un problema. Tant’è che ora stiamo ragionando su come legare la progettazione all’e-commerce. Credo che possa concretamente diventare una nuova opportunità di business. Proporre soluzioni abitative personalizzate e realizzarle utilizzando processi di industrializzazione, selezionando i diversi componenti e offrendo una consulenza di elevata qualità. Per restare sul mercato è essenziale continuare a stupirsi, senza mai stancarsi di reinventare.”

Un’idea interessante che però chiama in causa le imprese di costruzioni, la loro proverbiale lentezza nell’adeguarsi all’innovazione. Qual è la tua idea su questo?

Io sono convinta che l’industrializzazione sia il futuro del costruire. Così come cresceranno i processi di ingegnerizzazione. Molti pezzi di un edificio verranno prodotti all’esterno del cantiere e poi montati.  Le imprese dovranno adeguarsi a questo modello produttivo, così come dovranno saper rispondere alle richieste di flessibilità e di sostenibilità. Dovranno essere più organizzate e digitalizzate, saper controllare il processo e le diverse operatività, alzando la qualità delle opere.

Qual è la tua idea di sostenibilità?

La sostenibilità è operare guardando al futuro. I progettisti del paesaggio scelgono delle piante immaginando cosa succederà tra 10 anni. Dobbiamo progettare pensando a quello che potrebbe succedere tra dieci anni e oltre. La sostenibilità ha a che fare con il futuro. Dobbiamo pensare all’edificio come ad un organismo edilizio, a come fosse una pianta. Il punto di partenza deve essere un pensiero sostenibile.

Quali sono secondo te i fattori determinanti sul fronte dell’offerta progettuale nel mercato del futuro? 

La qualità, le competenze e una comunicazione non sofisticata. E’ fondamentale far conoscere e far comprendere il valore di quello che noi facciamo, contribuendo a cambiare il mercato. E poi puntare a un miglioramento della logistica. Scegliere di lavorare in macro openspace. Sul fronte delle opportunità diventa determinante saper scegliere dove posizionarsi, a quali mercati rivolgersi. Avere voglia di rivoluzionare il mondo, nel senso di mettere al centro una forte sensibilità sociale, purtroppo non basta, devi anche trovare il cliente che te lo fa fare.

A proposito di competenze quali saranno quelle vincenti?

Ti sembrerà strano ma io credo che al di là della conoscenza, della preparazione, sia molto importante avere un approccio basato sulla gentilezza. Io credo fermamente che essa sia un fattore fondamentale sul piano della crescita competitiva di un’impresa. Così come è vincente un approccio basato sulla cooperazione, sulla motivazione. Dobbiamo prestare attenzione non solo ai technical skill ma anche ai soft skill: saper scambiare, essere proattivi, superare la chiusura delle certezze.