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di Riccardo Samiolo

Parliamo di innovazione e di sostenibilità: la rete innovativa Veneto Green Cluster (www.venetogreencluster.it ) ha generato una utile applicazione per riuscire a valorizzare i residui plastici non riciclabili con l’attuale tecnologia. Adesso si può riciclare tutta la plastica raccolta e riusarla completamente ottenendo un asfalto migliore senza additivi derivati vergini da petrolio. La plastica è un materiale non biodegradabile che non permette più una impostazione lineare di produzione secondo lo schema “produci – usa – getta” perché non è sostenibile. L’economia circolare (CE) prevede un sistema industriale riparativo o rigenerativo per intenzione e design, che usi e riutilizzi le risorse nel modo più efficiente possibile.

Le ultime statistiche di Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, riportano che nel 2018 sono state raccolte in modo differenziato oltre 1.200.000 tonnellate di plastica (+13,6% rispetto al 2017). Il dato medio nazionale di raccolta pro capite 2018 è di 20 kg ad abitante contro i 18 del 2017. 

Le diverse plastiche che vengono raccolte sono avviate a diversi processi di separazione, lavaggio, ecc. che permettono il recupero selettivo di plastiche affini in modo da poter successivamente reimpiegare questi scarti per la produzione di nuovi materiali (MPS: materia prima seconda). La frazione residua non riciclabile dopo la selezione e i lavaggi non ha oggi alcun valore commerciale, ma viene anzi smaltita a pagamento dai centri di raccolta. Il progetto SARR, sviluppato all’interno della rete innovativa Veneto Green Cluster, ha dimostrato la possibilità di recuperare questo scarto a fine vita in modo da ridurre ulteriormente la percentuale di plastica non riciclata, riducendo altresì i costi di smaltimento, la combustione di plastiche e conseguentemente la produzione di CO2.

Plastica per fare le strade

Una delle idee che sono state considerate per lo smaltimento degli scarti plastici è stata l’incorporazione di tale materiale nei conglomerati bituminosi per la costruzione delle strade. E’ un’idea ben nota e ci sono molti studi che dimostrano come l’introduzione di piccole percentuali di plastiche nell’asfalto, soprattutto se contenenti poliolefine, comporta un miglioramento nelle proprietà meccaniche della strada in termini di flessibilità, stabilità, resistenza all’acqua, rottura, ecc. Questi studi esistenti considerano polimeri vergini o materiale plastico riciclato (MPS).

La assoluta novità del progetto SARR, AZ. 2.4, è l’analisi della fattibilità d’impiego di uno scarto a fine vita, o fondovasca costituito da plastiche eterogenee come additivo per la produzione di asfalto. Per questa ragione plastiche riciclate o MPS, ottenute dalla lavorazione di una prima selezione di rifiuti plastici e aventi già un mercato, non verranno prese in considerazione anche perché hanno un valore alto sia economicamente sia perché vengono riciclate per un uso nuovo.

Al contrario, l’attenzione del progetto SARR, AZ 2.4, è rivolta alla plastica di fondovasca (PFV: plastica a fine vita). L’interesse nei confronti di questo materiale di scarto è sia economico sia ambientale, poiché non è riutilizzabile se non per la produzione di energia elettrica nei termovalorizzatori e ha un costo di smaltimento, che si aggira tra i 70€-80€/ton. 

Come affermato precedentemente, uno dei problemi dovuti all’introduzione delle plastiche nel conglomerato bituminoso è la disomogeneità fisica. Inizialmente sono stati condotti dei test per cercare di fondere i campioni: questo avrebbe permesso di ottenere una maggior omogeneità della miscela di plastiche, evitando la necessità di triturare il materiale plastico prima dell’aggiunta al bitume.

L’aggiunta del quantitativo delle plastiche di fondovasca pari al 4% in peso del bitume totale permette di confezionare un prodotto finale ben amalgamato, avente caratteristiche rispondenti ai parametri previsti dal CSA ANAS. La plastica da fondovasca, grazie alla sua eterogeneità, ha un doppio ruolo all’interno della miscela bituminosa. La miscela di asfalto a caldo è prodotta alla temperatura operativa di 160°C, temperatura alla quale una parte della plastica di fondovasca si scioglie e una parte rimane solida. La frazione fusa funge da modificatore del bitume, migliorandone le proprietà flussanti e i valori del test di stabilità di Marshall. La frazione che rimane solida, invece, riduce parzialmente l’indice dei vuoti dell’asfalto, migliorandone la resistenza alla deformazione permanente (ITS) e permettendo di evitare il cracking prematuro del manto stradale.

Le conclusioni sono sorprendenti: 

a. Una plastica scarto degli scarti migliora un asfalto normale. La PFV, che oggi è un problema da smaltire, vista anche la chiusura del mercato degli inceneritori tedeschi, con la tecnologia sviluppata diventa un additivo migliorativo degli asfalti che li rende ad alta resistenza da impatto, ad alta durabilità, drenante. 

b. Ulteriori prove dimostrano che non servirà nemmeno procedere ad una separazione delle varie frazioni di PFV, ma, anzi, l’eterogeneità della composizione non è più un problema ma un beneficio che conferisce al nuovo additivo chimico una doppia azione prestazionale.