Di Lucia Krasovec-Lucas
Gli effetti della crisi climatica e della pandemia ci inducono a un radicale e urgente ripensamento dell’architettura e del vivere, soprattutto quello urbano. L’idea di città che abbiamo fin qui considerato, come luogo specifico e pianificato inelasticamente, non è oggi in grado di rispondere in modo adeguato alla società in continua e veloce evoluzione. D’altra parte, la mutazione in atto potrà aprire la via alla sperimentazione di nuovi stili di vita e nuove forme di organizzazione sociale. E sarà principalmente la metamorfosi gassosa, intesa come realtà che ci invita all’architettura delle connessioni tra individui, a spingerci a ragionare su nuovi modelli con cui poter costruire il nostro futuro e i nostri spazi di vita, attraverso l’adozione di un realismo ecologico che identifica nella natura, anche umana, il limes estremo delle nostre attività.
Orientate da una sempre maggiore complessità, nel futuro prossimo le dinamiche sociali si caratterizzeranno mediante una temporaneità in grado di trasformare radicalmente usi, spazi, culture, economie. Questa dimensione in continuo divenire ci costringerà ad abbandonare il rapporto lineare spazio-tempo per applicare una misura entropica che riesca a farci recuperare gli stati di evoluzione cosciente, e costruire la comunità sinergiva che reclamerà un mondo diverso da quello a cui siamo abituati, sia in ambito pubblico che privato.
Strategie per nuovi spazi
L’auspicata transizione ecologica e digitale dovrà perciò sperimentarsi specialmente nello spazio urbano per provare le contaminazioni e le ibridazioni necessarie al ristabilire la centralità dell’essere umano in tutte le strategie di trasformazione economica e sociale, oltre il profitto. L’abitare, la cui qualità emerge soprattutto nello spazio pubblico, dovrà diventare il luogo in cui imparare a superare le resistenze, il laboratorio in cui sviluppare strategie e condivisione emozionale in grado di farci approdare nella pluralità oltre ogni differenza come opportunità evolutiva.
La sfida sta nel capire, in tempi brevi, come intraprendere una crescita sociale sostenibile all’interno di un sistema fragile che deve reinventare equilibri multipli, e quali metodologie creative possano concorrere all’accadimento di esperienze urbane, a partire dallo sviluppo dell’immaginazione civica. Ma è chiaro che dovremo mettere in atto processi in grado di comprendere e valorizzare le complessità sociali per definire di volta in volta, senza renderle isolate, lo sviluppo di soluzioni efficienti, rapide, iterative e strettamente relazionate alle risorse disponibili. La capacità di agevolare il processo di ri-connessione tra persone, geografie e morfologie troverà forza e buon senso anche mediante pratiche ibridative che supportano forme applicative sperimentali anche per la pianificazione urbana adattiva della Città Agile.
Questi i temi di ricerca delconvegno internazionale “Architettura Gassosa e Realismo Ecologico. Progetti per la costruzione di comunità resilienti“, promosso e organizzato da AIDIA TRIESTE nell’ambito della quarta edizione di Immagine della Città|Image of the City, a cura di Lucia Krasovec-Lucas e Emmanuele Lo Giudice, che si è svolto dal 23 al 28 giugno 2021 all’interno del programma del Padiglione Italia della XVII Biennale di Architettura di Venezia, e con la partecipazione del curatore Alessandro Melis. Tra i molti relatori, sono intervenuti Maurizio Ferraris, Franco Purini, Massimo Canevacci, Giorgio de Finis, Massimo Palumbo, Eva Kail, Silvia Viviani, Massimo Pica Ciamarra, Florinda Saieva, Andreina Contessa.
A partire dal concetto di “Comunità Resilienti”, il convegno si è proposto di indagare il futuro delle nostre città e dell’architettura, cercando risposte a domande come: Quali strategie adottare per lo sviluppo dell’energia sostenibile? Quali materiali e scelte costruttive dovremo re-inventare per rendere i nostri edifici più sostenibili? Come verrà trasformato lo spazio domestico in relazione allo spazio urbano, e viceversa? E quale sarà il ruolo dell’architetto e quello dell’impresa nella costruzione della comunità del futuro?
Restituire valore allo spazio pubblico
Il filo conduttore del convegno si è rivelato da subito, sostanziandosi nell’esigenza di costruire una Comunità che disegna il proprio spazio vitale: banalmente, la Città è di chi la abita e su questo si deve basare il diritto del suolo e di tutto ciò che risulta accessibile, per comprendere la necessaria biodiversità – intesa come la coesistenza in uno stesso ecosistema dell’umano e delle diverse specie animali e vegetali che definisce un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni, e creare le giuste condizioni per sviluppare la forma e la funzione. Uno dei temi di approfondimento è stato lo spazio pubblico, come luogo deputato alle connessioni e alle relazioni, dovrà recuperare la sua funzione per ridare corpo e vita alla Città, attraverso la definizione di un sistema di infrastruttura verde che è il Capitale naturale da cui l’umano trae benessere: dalla riserva di risorse naturali da cui si ricavano beni e servizi come cibo, acqua, materiali, ai luoghi per il tempo libero e la custodia della cultura, il punto cruciale è comprendere e assumere le giuste misure nell’utilizzo delle risorse non rinnovabili, tra cui spicca anche il Capitale umano che è uno dei quattro diversi tipi di capitale sociale. Gli altri due sono il capitale manifatturiero e il capitale sociale e organizzativo. Ciò presuppone un cambiamento di stato dei luoghi, una riorganizzazione dello spazio pubblico per ricucire gli spazi morti e affrontare le sfide messe in atto dal cambiamento climatico, adottare nuove regole per una corretta pianificazione urbana, come quella di Cecil Konijnendijk van den Bosch, professore di forestazione urbana a Vancouver in Canada, chiamata “3 – 30 – 300”. Al fine di ottenere spazi urbani più verdi, questa regola stabilisce che ognuno dovrebbe poter vedere almeno 3 alberi dalla propria abitazione, che ogni quartiere dovrebbe avere il 30% di copertura arborea, e che il parco più vicino dovrebbe ad una distanza massima di 300 metri. L’importanza di vedere e frequentare il verde sta nell’impatto positivo fisico e psicologico che la popolazione ne ricava, oltre a migliorare il microclima e l’interazione sociale tra le persone.
Ripensare i musei
L’altro tema su cui è stato focalizzato il convegno è il museo, anch’esso riferimento privilegiato in cui la comunità si incontra, si connette e si rappresenta dando origine al disegno e al carattere delle nostre città come luoghi in cui la vita dell’uomo si affranca nella sua capacità di r-innovare r-esistenza. La funzione maièutica del museo dovrebbe stimolare il pubblico ad una maggiore capacità critica nella comprensione della città e dei paesaggi che abitano, educare alla bellezza e spargerne i semi, nella considerazione che la sostenibilità passa anche dalle piccole cose e dall’armonia che riusciamo a infondere, con la cura e la tenerezza che stanno alla base dei luoghi che abbiamo ereditato.