Intervista a Marco Gallozzi, BIM Manager presso GTA
Vista la sua grande esperienza in tema BIM a livello internazionale, partiamo dal racconto del suo percorso
Sono Ingegnere edile-architetto e mi sono avvicinato alla metodologia BIM già nel 2009, quando ancora in Italia era poco conosciuta e utilizzata. Per questo motivo decisi da subito di partire e andare all’estero, in Spagna. Andai a Barcellona per frequentare un Master sulla metodologia BIM e poi rimasi lì per lavorare in una società di costruzioni. In particolare, seguivo un progetto pilota in BIM per la realizzazione di una scuola nel centro della città (parliamo di inizio 2016). Dopo la Spagna ho affinato le mie conoscenze in Medio Oriente, a Doha in Qatar, dove ho lavorato per un anno come MEP BIM Coordinator per la parte impiantistica della Red Line South Underground (metropolitana di Doha). Un progetto complesso e in cui il BIM è stato utilizzato a livelli molto alti, soprattutto perché si andava in parallelo con le fasi di progettazione e costruzione (qui infatti abbiamo adottato quello che in Project Management viene chiamato “fast-track”).
Sono poi tornato in Italia e ho lavorato per una nota società specializzata nella progettazione impiantistica. Sono stato chiamato per gestire, tramite la metodologia BIM, un progetto complesso di 560.000 mq per un committente inglese. Questo progetto è stato anche la base da cui sono partiti gli standard BIM della società. Qui ho continuato ad appassionarmi al PM ed in particolare ho sperimentato l’utilizzo di alcuni frameworks Agile.
Parallelamente, con l’Università Niccolò Cusano, ho collaborato alla creazione di un Master sul BIM e sulla digitalizzazione dell’industria AEC, in maniera tale che fosse fortemente incentrato sulle esperienze di altri Paesi e che non si limitasse alla visione italiana del BIM. I docenti coinvolti infatti sono professionisti che hanno lavorato a progetti prestigiosi con esperienza lavorativa in 3 continenti e 8 nazioni differenti.
Attualmente lavoro come BIM Manager per la Società GTA Srl che si occupa di progettazione, costruzione e manutenzione; è un’azienda specializzata in gestione e trattamento acque per enti pubblici e grandi privati. GTA srl è una società orientata all’innovazione tecnologica, lo dimostra tra le altre cose anche il fatto che,nell’ottica di una continua evoluzione, per efficientare e migliorare i processi di gestione e qualità, ha deciso di adottare il BIM ancora prima dell’obbligo legislativo.
Come definirebbe oggi lo stato dell’arte sulla diffusione del BIM in Italia?
Penso che in Italia sia iniziato un percorso che però, per diverse ragioni, resiste un po’ a decollare.
Mi sono reso conto che molte società fanno fatica ad adottare il BIM, lo utilizzano in maniera errata o solo perché obbligati, avvalendosi dunque di un BIM di nome ma non di fatto e pertanto senza beneficiarne delle potenzialità. Ho incontrato diversi imprenditori che avevano bisogno di supporto e questo dipende dal fatto che il BIM non è nato in Italia, quindi segue logiche talvolta estranee che bisognerebbe diffondere maggiormente. In definitiva, ci sono sicuramente miglioramenti ma c’è anche chi va facilmente fuori strada. Siamo comunque molto lontani dai livelli, ad esempio, del Medio Oriente.
Qual è il livello generale di consapevolezza e di competenze digitali rispetto alla gestione di una commessa edile?
Ci sono differenze enormi da Paese a Paese. Gran Bretagna, Stati Uniti e i Paesi Scandinavi, essendo stati i primi a impostare la progettazione secondo la metodologia BIM, possiedono livelli di conoscenza e di applicazione avanzati. Altri hanno iniziato da poco ma già con risultati rilevanti, come l’esempio della Catalogna. Attualmente in Spagna non è obbligatorio l’uso del BIM, ma in Catalogna lo hanno introdotto nel 2019 per le opere sopra i 5,5 milioni di euro, facendo un po’ da apripista alle altre Regioni autonome del Paese. Da quel momento in poi c’è stato un grande aumento dell’interesse nei confronti del BIM, a tutti i livelli.
La mia esperienza in Qatar è stata illuminante per comprendere quali livelli esistessero al di fuori della Spagna e dell’Italia. Lì ne ho potuto apprezzare le enormi potenzialità, lavorando su più fronti in contemporanea, grazie a strumenti di project management per consentire i diversi processi in parallelo. Lavoravo con società provenienti da tante nazioni differenti, da cui ho appreso molto, ognuno con un suo approccio, best practice e competenze proprie.
Spesso per chi opera nelle costruzioni la digitalizzazione si identifica con il BIM e produce reazioni di rifiuto o resistenza. Lo si vede come un qualcosa di estraneo e oltretutto che richiede investimenti difficilmente sostenibili, ad esempio da una piccola impresa o da un professionista o da un piccolo studio di architettura. Su cosa puntare per accendere la miccia di un percorso virtuoso verso la digitalizzazione?
Non credo che il BIM sia solo per “i grandi”, nel senso che nel corso della mia esperienza sono venuto in contatto con diverse realtà, anche piccole, ma molto orientate all’innovazione che hanno subito approcciato la metodologia nella maniera corretta: studiando, approfondendo, sperimentando. Sicuramente quelle aziende che hanno sedi o clienti all’estero hanno avuto modo di conoscere e approfondire il BIM prima di altri e di comprenderlo attraverso esperienze nate in altri Paesi, oppure c’è anche chi studia e si applica per migliorare internamente i propri processi, anche grazie alle certificazioni.
Il BIM diventa un modello in grado di rivoluzionare tutti i processi aziendali e come tale va preso. Bisogna capire che per operare delle trasformazioni tanto considerevoli occorre comunque un investimento in termini economici, quindi di tempo e di risorse umane. Io consiglio sempre di analizzare bene la situazione prima di investire e di affidarsi a persone realmente competenti in grado di guidare l’imprenditore verso il giusto piano di sviluppo. Siamo sicuri che si ha bisogno di tutto subito? Oppure si inizia con un piccolo passo alla volta? Non bisogna avere paura del cambiamento. Io per anni ho portato il BIM all’interno delle aziende e ho operato vere e proprie azioni di “change management”. In questi anni mi sono reso conto che prima di un cambiamento a livello di azienda deve avvenire un cambiamento delle persone: un cambiamento di approccio.
Il modo di approcciare un modello digitale come il BIM da parte del mondo della progettazione è diverso da come viene vissuto dalle imprese di costruzione e dalla committenza pubblica. Quali le differenze e quali gli aspetti più critici?
In generale in Italia abbiamo il problema del ricambio generazionale nella committenza pubblica. Il committente, pubblico o privato che sia, dovrebbe richiedere il BIM ma per fare questo dovrebbe avere un personale competente e aggiornato in materia, al di là dell’obbligo del decreto ministeriale. Spesso il BIM viene richiesto senza possedere un’adeguata conoscenza e questo va a discapito della committenza stessa. Esistono diverse tipologie di software, requisiti, usi e obiettivi del BIM che andrebbero previamente individuati con attenzione. Spesso il committente in primis non sa di cosa ha davvero bisogno. C’è ancora tanto lavoro da fare su questo. Ci sono poi esempi virtuosi, come ad esempio il progetto dell’Istat a Roma, per il quale è stato redatto un capitolato informativo molto accurato. Le persone, come in questo caso, fanno la differenza.
A volte le società che vantano esperienze e conoscenze del BIM, non lo conoscono affatto e questo continua a rallentare il processo di adozione di questa metodologia nell’intero Paese.
Non penso che basti aver seguito un corso qualunque o aver sperimentato un software per dire di essere un esperto. Per questo esistono le certificazioni: per dare un titolo a chi ha delle competenze, conosce e sa utilizzare la metodologia BIM.
A suo parere quali sono le azioni che si dovrebbero compiere per favorire una cultura digitale all’interno della filiera e in particolare per far fare un salto alle imprese di costruzioni?
Per colmare il ritardo italiano bisognerebbe procedere su tre linee d’azione parallele. Prima di tutto continuare ad intervenire da un punto di vista legislativo e normativo. Come in Gran Bretagna, ormai diversi anni fa, si sono dotati di standard sempre più alti, anche noi dovremmo continuare a seguire lo stesso percorso. All’estero anche società che si sono approcciate tardi al BIM, con standard e normative chiare e forti, si sono spinte ad applicarli in maniera corretta; dunque “ispirarsi” a quello che succede all’estero è sicuramente un punto vincente. Capire e studiare gli approcci degli altri può farci comprendere come impostare le nostre leggi ma anche workflow aziendali. Il confronto interno è utile ma bisogna aprirsi ad esperienze differenti altrimenti non si cresce. Il fermento della Catalogna, ad esempio, andrebbe approfondito per comprenderne meglio le motivazioni (incentivi, etc.) che hanno funzionato e che stanno portando agli obiettivi prefissati.
E’ molto importante poi, oltre all’ informazione, anche la formazione e l’istruzione. Se, infatti, le società avessero al proprio interno personale qualificato, allora il percorso sarebbe sicuramente più veloce e fluido. A volte si pensa che basti affidare a un neolaureato con conoscenze base, tutto il percorso di un’implementazione BIM ma non è così semplice. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che va ad intervenire sull’intero modello aziendale. L’approccio complessivo e un’operazione di questo genere richiede un know how che solo chi ha maturato esperienze significative e una formazione e certificazione di un certo tipo può offrire. Si rischia altrimenti di creare dei veri e propri danni nelle aziende.
A livello universitario in Italia sono per lo più diffusi Master e corsi di specializzazione post-laurea. Sarebbe auspicabile introdurlo come corso di laurea o materia d’esame per offrire una preparazione almeno di base. Come quando si passò dal disegno a mano alla progettazione in CAD, così si dovrebbe introdurre lo studio, almeno dei vari strumenti, nei corsi di Laurea. Non dimentichiamoci che l’Università dovrebbe preparare al mondo del lavoro ed attualmente sono richieste conoscenze specifiche sulla metodologia BIM. La modellazione informativa, ad esempio, è molto utile per uno studente in quanto aiuta, tra l’altro, a comprendere come si costruisce un edificio o una infrastruttura in maniera virtuale.