di Massimo Cassinari
Il tema dei mutamenti climatici compare sempre più spesso tra le notizie che leggiamo. Ultima in ordine di tempo è stata l’ondata di gelo che ha sconvolto uno stato che normalmente gode di un clima mite come il Texas. Il mutamento climatico non è, come a volte si dice, solo riscaldamento globale, ma una variazione delle condizioni a cui siamo abituati con tutte le conseguenze che ne derivano.
Nella strategia Next Generation EU il tema della sostenibilità è centrale e, in questo ambito, la limitazione dell’immissione in atmosfera di gas clima alteranti ricopre un ruolo fondamentale.
Tra le aziende si diffonde l’esigenza di comprendere quale sia il proprio impatto in relazione ai mutamenti climatici al fine di individuare strategie di riduzione e, perché no, di comunicarlo al pubblico. Alcuni ambiscono a diventare carbon neutral (cioè ad emissioni zero), altri si “accontentano” di dimostrare una riduzione costante del proprio impatto.
A livello normativo esistono diversi strumenti. Uno di questi à la carbon footprint di prodotto con cui si determina la quantità di gas serra emessa durante il ciclo di vita di una determinata quantità di prodotto, sia esso un metro cubo di calcestruzzo, un trasformatore elettrico o un pacco di biscotti.
Un altro tipo di approccio consiste nel ragionare in termini di organizzazione: determinare cioè le emissioni di gas serra generate da un’azienda, non in relazione a uno specifico prodotto, ma in rifermento a un periodo temporale ben determinato (un anno). Per quelle aziende che non svolgono produzioni ripetitive, per esempio le imprese di costruzione o tutti coloro che sviluppano commesse sulla base delle esigenze del cliente, fare riferimento a una determinata quantità di “prodotto” avrebbe poco senso.
La norma di riferimento per questo tipo di attività è la Uni En Iso 14064-1:2019. Anche in questo caso la valutazione non è limitata a quanto succede all’interno dei confini aziendali, ma si estende in un’ottica orientata al ciclo vita.
La norma chiede infatti di tenere conto di sei elementi:
Una volta definito l’inventario delle emissioni da prendere in considerazione, occorre quantificare ciascuna di esse. Il livello di accuratezza richiesto varia in funzione della tipologia di emissione: per le emissioni dirette si potrà disporre di dati certi ad affidabili, mentre per altri tipi di emissioni, come le indirette da trasporto, bisognerà giocoforza ricorrere a stime ed approssimazioni.
La quantificazione delle emissioni deve essere svolta per un anno di riferimento (baseline) che costituisce il termine di paragone per valutare l’andamento nel tempo, ed aggiornata in riferimento all’anno di comunicazione per il quale si vuole dare informazione.
Il servizio di convalida offerto da ICMQ si svolge attraverso una valutazione della completezza dell’inventario definito dall’azienda e nella verifica dell’attendibilità dei valori che vengono comunicati. Questo processo prevede l’analisi dei dati di base utilizzati (fatture di fornitura di energia elettrica, combustibili, materie prime, ecc…) e la valutazione delle stime effettuate. Lo scopo è emettere un giudizio in merito alla correttezza dei risultati. La certificazione costituisce una garanza sia per l’azienda, che ha un riscontro sulla correttezza delle proprie valutazioni, sia per i destinatari, per i quali un dato validato da un ente terzo e indipendente gode di una maggiore credibilità.