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Redazione NEC

Luca Mercalli è un personaggio pubblico. Milioni di italiani lo conoscono e si fidano di lui. Le sue riflessioni da anni ci accompagnano nel comprendere fenomeni che hanno a che fare con la nostra vita quotidiana: il clima come un elemento costante per valutare il nostro benessere. La sua attenzione a temi cruciali per la nostra vita e per il nostro futuro ne fanno un interlocutore autorevole e prezioso. Per questo NEC ha ritenuto utile e opportuno confrontarsi con lui ed ascoltare le sue riflessioni. Ci piacerebbe che fosse l’inizio di un percorso insieme.

Lei più di dieci anni fa ha pubblicato un libro con il titolo Prepariamoci a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità che di fatto anticipava la situazione in cui oggi ci troviamo….

“Lo scenario che descrivevo allora non aveva nulla di ipotetico e tanto meno descriveva qualcosa che dovesse ancora venire, bensì era una fotografia di una situazione e di problematiche ben precise, puntuali. E lo erano in quanto tutto il libro si basava su dati scientifici, su studi e opere pubblicate e facilmente reperibili che se confrontate e incrociate tra loro portavano a quello scenario che oggi è la nostra vita quotidiana. Ed erano alcuni decenni che chi studiava il clima e i suoi cambiamenti era giunto alle conclusioni che se ne dovesse tenere conto e si dovesse fare qualcosa per invertire un trend pericoloso, destinato ad aggravare progressivamente le condizioni del pianeta, ma anche le nostre. La scienza ci offre l’occasione di prevedere e quindi di essere pronti ad affrontare i cambiamenti. Ci dà delle indicazioni, ci indica una direzione dove andare. Troppo spesso, tuttavia, la scienza parla, ci avverte, ci preannuncia scenari che sono destinati a diventare il nostro presente e pochi la ascoltano. Alla scienza e alla certezza dei dati si preferiscono le “opinioni”, si ascoltano testimonial o influencer, la cui conoscenza dei fenomeni è orientata non dai dati, bensì dal sentito dire, dal “io credo” “io penso”.  Oggi, invece, quello scenario che descrivevo è sempre più preoccupante. Basti un dato: in dieci anni la popolazione mondiale è cresciuta di quasi un miliardo di persone, il che vuol dire una crescente domanda di energia e di risorse. Ma le nostre risorse non sono infinite e soprattutto continuiamo a non intervenire di fronte al cambiamento climatico, non blocchiamo la deriva della produzione della CO2, non acceleriamo la riconversione delle fonti energetiche.”

Sullo scenario attuale, caratterizzato fortemente dal cambiamento climatico, oggi entrano in gioco nuovi fattori quali la pandemia e ora la guerra della Russia all’Ucraina, con un coinvolgimento di fatto delle potenze mondiali e nel cuore dell’Europa. Con la conseguenza di aggravare ulteriormente il quadro con effetti rilevanti dal punto di vista economico e sociale…

“Dobbiamo renderci conto che la crisi climatica è qualcosa che ci porta a una catastrofe epocale ma lo fa al rallentatore. E’ come una bomba a tempo e il tempo per disinnescarla è sempre meno. Ed è qualcosa che se trent’anni fa veniva vista come un pericolo latente, oggi caratterizza le nostre vite, le condiziona ed è destinata a cambiarle. Si pensi soltanto alle recenti stagioni caratterizzate dalla siccità, dalla crisi idrica. Se non invertiamo con decisione e in tempi brevi il processo saremo travolti. Utilizzando una metafora ispirata alla medicina potremmo dire che siamo di fronte al rischio di una malattia mortale che possiamo tuttavia evitare facendo della prevenzione, in quanto la conosciamo, sappiamo quali saranno i suoi effetti, ne vediamo ogni giorno i sintomi e gli effetti- Eppure non ci rendiamo conto che la finestra della prevenzione si sta per chiudere e poi dovremmo convivere con la malattia che se non riusciamo a curarla porterà alla morte. Quando si parla di catastrofe non si usa questa parola a caso. Nella scienza c’è piena consapevolezza. E in questo scenario la guerra in Ucraina finisce ovviamente per peggiorare le cose, in quanto incide negativamente anche sulla crisi climatica: non solo determina conseguenze sulle popolazioni colpite dai bombardamenti, ma produce effetti evidenti nel breve così come nel medio periodo. Incrementando la domanda di armamenti si determinano aumenti di consumo di energia per la loro produzione, così come un aumento di CO2. Inoltre, a livello mondiale cambiano le priorità. La crisi energetica e climatica passa in secondo piano spingendo le grandi nazioni e l’economia a spostare risorse finanziarie a danno dei progetti e dei programmi contro il cambiamento climatico. E in proiezione futura sarà necessario procedere alla ricostruzione delle città ucraine, bonificare il territorio, intervenire con una riqualificazione naturale rigenerando parti del Paese: tutte attività che incidono sugli equilibri ambientali. Pensiamo soltanto alla crescente domanda di energia e di risorse, ma anche a questioni come lo smaltimento delle macerie e dei rifiuti. Insomma la guerra costituisce un fattore peggiorativo, va ad incidere sugli attuali equilibri e rallenta i processi in atto per contrastare il cambiamento climatico.”

L’ultima riflessione vorrei dedicarla ad approfondire il tema di come il cambiamento climatico incida sull’edilizia e sull’industria delle costruzioni orientando tutti gli attori della filiera verso scelte e strategie decisamente diverse dal passato e dove l’innovazione tecnologica e digitale ha un ruolo rilevante. Il concetto chiave riguarda la sostenibilità. Solo per fare un esempio rispetto agli indirizzi della Commissione europea penso al principio del DNSH (Do No Significant Harm)…

L’importanza del principio del non arrecare danno riferito all’ambiente non è soltanto un indirizzo prioritario da parte dell’Unione europea, ma recentemente ha trovato anche pieno riconoscimento nel nostro Paese con la modifica dell’articolo 41 della Costituzione. Per quanto riguarda l’edilizia e le costruzioni dobbiamo comprendere che essa è allo stesso tempo parte del problema, ma anche della soluzione. Ciò in quanto essa interviene sul territorio, sull’ambiente e sul paesaggio modificandolo e il risultato cambia a seconda di come si interviene e di come lo modifica: può essere migliorativo oppure peggiorativo, con effetti molto rilevanti in termini di durata. Costruire significa impattare sotto una varietà di aspetti: ambientali, economici, ma anche estetici. Costruire bene, farlo con la consapevolezza che si deve intervenire limitando al massimo gli impatti nel momento in cui si costruisce, ma anche in proiezione futura, riducendo i consumi energetici ad esempio o utilizzando tecnologie collegate a fonti naturali, possono fare la differenza. Ma non è solo il momento del costruire che va considerato, bensì anche quelli, spesso molto più impattanti, della pianificazione e della progettazione. Nel primo caso i danni causati in passato sono sotto gli occhi di tutti: il nostro territorio si caratterizza per una vera e propria marmellata funzionale: agricoltura, aree industriali, borghi storici, quartieri residenziali si intrecciano creando disfunzionalità, costi economici crescenti, disagi difficili oggi da ridurre. A ciò si aggiunga l’incapacità delle amministrazioni locali di trovare soluzioni condivise aggregandosi e così facendo rendendo razionale una pianificazione territoriale rispettosa dei principi del contenimento delle risorse e della riduzione degli impatti ambientali. Egualmente, è dal progetto che poi discendono qualità o cattiva costruzione. Un insieme di fattori che oggi purtroppo vanno ad incidere sul consumo di suolo che, come rilevato anche dall’ultimo rapporto ISPRA ,è tornato a salire. Siamo di fronte a un fenomeno incomprensibile vista la continua e progressiva riduzione della popolazione nel nostro Paese. Per tutti questi motivi il ruolo dell’urbanistica, dell’edilizia e dell’industria delle costruzioni è fondamentale nel bene e nel male rispetto ad un futuro compatibile con i cambiamenti climatici e per un nuovo equilibrio. Quel che è essenziale è ridurre drasticamente le nuove costruzioni, puntando tutto sulla manutenzione, la riqualificazione e la sostituzione, demolendo e ricostruendo, così da azzerare il consumo di suolo. Bisogna favorire l’applicazione e la diffusione di nuove soluzioni tecnologiche sempre di più ispirate e orientate a contrastare il consumo energetico da fonti non naturali , così come i processi costruttivi volti alla sostenibilità ambientale ed economica. Vanno fatte anche scelte coerenti.  La mia esperienza, che ho raccontato nel libro Salire in montagna, è che bisogna saper coniugare la salvaguardia del patrimonio edilizio di qualità riqualificandolo ed utilizzando le tecnologie e la grande varietà dell’offerta di soluzioni innovative di cui spesso ne sono protagonista delle PMI italiane. Ciò vuol dire non garantirsi livelli adeguati di benessere attraverso scelte eticamente compatibili con gli obiettivi climatici ma anche di preoccuparsi a livello di territorio, sposando un concetto oggi determinante, quello della responsabilità sociale. E gli imprenditori edili su questo debbono riflettere e rapidamente.”