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Redazione NEC

Michele Pecchi, ingegnere civile e strutturista è il Project Manager della Ennio Riccesi Holding, impresa di costruzioni operativa a Trieste, sul territorio del Friuli Venezia Giulia e in altre regioni del Centro e Nord Italia da 70 anni. L’impresa ha avuto un ruolo da protagonista nelle opere di ricostruzione successive al terremoto del Friuli del 1976, con sedi distaccate in Friuli e in Carnia; le partecipate hanno quindi svolto lavori nelle aree colpite dai sismi dell’Abruzzo (2009), dell’Emilia (2012), e delle Marche (2017). Dal 2012 è inoltre operativa continuativamente nel territorio modenese.

Michele Pecchi, con il fratello Nicola, fa parte della terza generazione di famiglia in azienda ed esordisce così: “La prima criticità in azienda è la programmazione”.  Non a caso, la Ennio Riccesi Holding si è affidata all’innovativo metodo di organizzazione dei processi lavorativi dell’Istituto Lean Management di Vicenza.

Come mai avete pensato di utilizzare un nuovo metodo di programmazione e management per la vostra azienda?

Ci siamo resi conto che, soprattutto in alcuni cantieri, la mancanza di organizzazione del lavoro penalizzava notevolmente tempistiche ed esecuzione. Di fatto, Il GANTT non funziona perché spesso non trova riscontro pratico sull’effettiva operatività di azienda e cantiere.    
Mi occupo della parte tecnica e dello sviluppo di alcune implementazioni in azienda e circa un anno fa, in occasione di un incontro organizzato dall’ANCE, ho avuto la fortuna di scoprire l’Istituto Lean Management: da subito mi ha colpito l’approccio semplificato e il coinvolgimento che crea nel cantiere a tutti i livelli, dai manager agli operai. Dal primo incontro con il coach Luca Martinello abbiamo subito deciso di partecipare a un primo workshop e a degli incontri teorici e pratici mirati alla semplificazione del lavoro. 

Come si è svolto il corso e che tipo di approccio ha previsto?

Nel workshop c’era la possibilità di raccontare il proprio progetto. Noi abbiamo illustrato il progetto di un cantiere pubblico, in fase di conclusione, che presentava diverse criticità. Successivamente siamo passati alla pratica, adottando la metodologia in cantiere, confrontandoci ogni settimana con Luca Martinello.
Siamo rimasti subito entusiasti e, una volta applicato realmente il metodo in cantiere, anche le altre persone hanno cominciato a sorprendersi: per esempio, vedere enormi pannelli pieni di post-it colorati in ufficio ha incuriosito tutti. Poi abbiamo appeso in cantiere il Last Planner e il Face Planner per rendere partecipi tutti e alleggerire il lavoro del tecnico di cantiere/project manager che non era più tenuto a informare costantemente le squadre. In questo modo infatti, gli operai potevano consultare ogni mattina il programma della settimana rendendosi conto non soltanto delle attività del giorno, ma avendo di fronte una vera e propria programmazione del proprio lavoro. Inoltre siamo riusciti a coinvolgere anche i subappaltatori: le loro squadre non sono sempre presenti in loco e, mettendo tutti a conoscenza del programma, è più facile anticipare eventuali criticità.   
In un cantiere ci sono talmente tanti dettagli che si rende necessario un approccio specializzato per ogni persona che opera al suo interno.

Avete avuto modo di sperimentare il metodo anche dopo il periodo di formazione?

Stiamo sperimentando il metodo in alcuni cantieri dove io e mio fratello Nicola, responsabile tecnico, siamo presenti in prima persona e soprattutto in quelli che hanno più difficoltà, dove ovviamente si può riscontrare da subito un miglioramento a livello economico.

Quali vantaggi avete ottenuto o sperate di ottenere attraverso l’uso di questa metodologia?

Spesso e volentieri i nostri interlocutori sono diversi a seconda della grandezza del progetto e capita di ritrovarsi con persone che non sono abituate a programmare i lavori e anticipare le problematiche. Il riscontro più bello è stato ricevere ringraziamenti da vari fornitori: inizialmente perdevano quattro ore a settimana in riunione solo per orientarsi. Andando avanti abbiamo avuto feedback molto positivi anche sull’impostazione del lavoro dei mesi successivi. E ci hanno ringraziato, rendendoci davvero orgogliosi  di aver adottato questo sistema.

Anche l’organizzazione delle squadre (in particolare quelle dell’impiantistica) è cresciuta notevolmente. Avendo a che fare con interventi spot, riuscire a programmare regolarmente valorizza l’organizzazione e la continuità dei team, evitando picchi di manodopera.
Programmare a distanza di sei settimane (meglio ancora otto) giorno per giorno ci aiuta anche ad anticipare le problematiche alla direzione dei lavori e ai progettisti che spesso nei lavori pubblici hanno tempistiche non compatibili con i tempi di cantiere. In questo modo riusciamo, per esempio, ad avere i materiali in tempo utile, tanto più in questo momento economico in cui la reperibilità e i prezzi degli stessi rappresentano un grosso problema.       
Inoltre, il miglioramento del budget della commessa: i motivi delle spese più elevati non sono quasi mai da attribuirsi ai costi primari ma a quelli secondari, di solito per un allungamento dei tempi dovuto alla mala organizzazione.

Tradizionalmente il settore edile è considerato privo di organizzazione manageriale. Secondo voi ora sta cambiando qualcosa?

Stiamo andando verso questa direzione. Speriamo davvero che le cose possano cambiare: se tutti iniziano a migliorarsi a livello qualitativo, migliora tutto il settore.

Consigliereste questo metodo ad altre imprese di costruzione? Perché?

In un settore in cui il livello informatico è ancora molto basso, il riscontro positivo possono verificarlo tutti perché è un sistema alla portata di chiunque: non serve nemmeno essere abili sul pc.
E questo non riguarda soltanto la Lean Construction: abbiamo organizzato anche degli incontri con Martinello e ANCE per parlare dell’organizzazione dei lavori in ufficio perché anche quelli incidono sui costi a fine anno. Anche lì possono esserci miglioramenti sia nella qualità del lavoro delle persone, che dell’atmosfera di lavoro in ufficio e, ovviamente, dei costi. Se si lavora meglio, si produce meglio; si può arrivare a fare meno straordinari, ottenere tutte le ferie maturate o addirittura arrivare alla settimana di quattro giorni lavorativi.

Abbiamo iniziato con il metodo A3 Lean Management che serve per analizzare il problema all’interno del processo lavorativo trovando la soluzione e non un palliativo.  Abbiamo svolto analisi approfondite sugli aspetti che creano le criticità e su come prevenire l’emergenza, ma anche semplicemente su come riuscire a individuare le motivazioni per cui non si riescono a concludere alcune attività nei tempi previsti. Per esempio, a volte possiamo non comprendere le difficoltà di un lavoratore nell’eseguire un determinato compito: coinvolgendo tutti, riusciamo a capire bene quali sono i reali problemi che affronta ognuno. Ci è capitato di stupirci perché un lavoro da noi considerato difficile non rappresentava una criticità per qualcuno, mentre magari erano altre mansioni a metterli in difficoltà.    
Crediamo in questo approccio e lo consiglierei a tutti.