Di Alfredo Martini
La presentazione dell’Osservatorio congiunturale curato dal Centro Studi Ance è l’occasione per fare qualche riflessione sulle profonde trasformazioni che stanno attraversando il mercato italiano delle costruzioni così come valutare le principali opportunità e le attuali criticità del sistema dell’offerta, ovvero la struttura delle imprese. Ciò che ci interessa non è tanto avere la conferma degli effetti pesantissimi della pandemia che secondo l’Osservatorio hanno determinato un calo del 10% a consuntivo 2020, quanto cogliere alcune possibili tendenze e dove e come sia necessario adeguarsi e attrezzarsi.
Immaginare il futuro
Come spesso accade per capire che cosa ci riserva il domani risulta utile, anche se non sufficiente, analizzare cosa è successo e sta succedendo, quali fenomeni stanno caratterizzando questa fase che, come molti di noi da tempo hanno compreso, sta ridefinendo progressivamente il mercato delle costruzioni.
La prima riflessione da fare é dove si concentri il valore. Il CRESME da anni sottolinea come ormai una percentuale che supera abbondantemente il 70% del mercato e che continua ad aumentare riguardi interventi di manutenzione, siano essi ordinari o straordinari. L’attività straordinaria ormai ne rappresenta quasi i tre quarti e il residenziale incide per il 60%. Appare, inoltre, abbastanza certo che questa quota possa ulteriormente crescere, anche sensibilmente, per effetto del superbonus/110%. Riqualificare, adeguare, demolire e ricostruire, intervenire in sostanza sul patrimonio esistente, contenendo il consumo di suolo, costituisce oggi un indirizzo generale a cui il mercato non solo si adegua, ma su cui costruisce nuove opportunità nel segno della riduzione dei consumi energetici, delle soluzioni costruttive ed impiantistiche volte a contenere gli impatti ambientali e a mettere in sicurezza. Un quadro che trova conferma nei dati dell’Osservatorio Ance relativi al valore degli investimenti, dove la manutenzione residenziale rappresenta un 36,5% del totale contro soltanto il 13% del nuovo. L’altro mercato che è cresciuto in maniera rilevante nell’ultimo decennio è quello del non residenziale privato, passato dal 28,3% del 2008 al 31,4%. Viceversa, l’altro settore uscito ridimensionato dalla crisi e che ancora stenta a riprendersi è quello delle opere pubbliche, passato dal 23% al 19%. Un comparto che, tuttavia, appare destinato a una nuova stagione se si riuscirà ad utilizzare al meglio le risorse europee provenienti dalla Next Generation EU. Infrastrutture ed edilizia sociale e sanitaria sono i settori destinatari di flussi finanziari rilevanti.
La nuova configurazione del mercato dei lavori pubblici
Il titolo del precedente paragrafo appare quanto mai calzante per quanto riguarda i lavori pubblici. Quanto avvenuto nel 2020 ci aiuta infatti a comprendere in quali direzioni si stia andando e come le tendenze in atto risultino in linea con gli indirizzi della Commissione europea per quanto riguardi la Next Generation. I dati pubblicati nell’Osservatorio Ance relativamente all’andamento delle gare di appalto evidenziano un mercato fortemente caratterizzato dagli investimenti nel settore delle infrastrutture di mobilità di competenza soprattutto del gruppo FS di cui fa parte anche Anas. Complessivamente, si è trattato di circa 20 miliardi, pari a poco meno del 49% rispetto a un totale di 40 miliardi e mezzo. La crescita in termini di importo è stata di poco inferiore al 170%. A caratterizzare ulteriormente il mercato delle opere pubbliche è il ruolo crescente delle Società che gestiscono i servizi pubblici locali: acquedotti, energia, ambiente, rifiuti. Nel 2020 il valore dei loro appalti ha superato i 4 miliardi rappresentando un decimo del totale del mercato delle opere pubbliche. Questi settori hanno visto crescere in un anno il loro valore del 20,4%. Oggi FS, società di servizi e concessionarie autostradali insieme valgono il 66%. Il valore del mercato degli enti locali, a cui si aggiungono gli enti non economici come gli IACP, le ASL o gli ospedali, si assesta intorno agli 11 miliardi e mezzo, per una quota pari al 28,4%. Ma cosa significa tutto questo per il mercato del Veneto e del Friuli Venezia Giulia? Secondo i dati dell’Ance il valore del mercato dei lavori pubblici del Veneto nel 2020 è stato di un miliardo e 615 milioni di euro, con una crescita rispetto al 2019 di poco più del 2%. Ma se prendiamo i lavori al di sotto dei 5 milioni il risultato è negativo: -3%. Viceversa per i lavori sopra i 5 milioni la crescita è stata del 74%. Per quanto riguarda il FVG si è trattato di un mercato da 660 milioni, con una crescita del 55%. Anche qui la segmentazione tra sopra e sotto i 5 milioni registra andamenti opposti: rispettivamente +177% e -9,5%. Il mercato indica una direzione chiara: opere strategiche e di dimensione rilevante, crescita di settori strettamente collegati ai servizi e alle reti, con nuovi protagonisti e soprattutto in settori omogenei a quelli considerati prioritari nelle strategie europee del New Green Deal e dove si concentreranno processi di innovazione e di digitalizzazione destinati ad incidere sulle caratteristiche organizzative e in termini di competenze della filiera dell’offerta.
Il rimbalzo del 2021
Va detto che le previsioni del Centro studi di Ance per l’anno appena iniziato sono decisamente positive. L’effetto rimbalzo, dopo gli effetti drammatici causati dalla pandemia soprattutto nel primo semestre del 2020 viene stimato in una crescita complessiva degli investimenti dell’8,6%. I due comparti trainanti saranno la riqualificazione e manutenzione straordinaria spinta dal superbonus/110%, con una stima di crescita del 14%, e le opere pubbliche per effetto della prima tranche di finanziamenti provenienti dall’Europa, con un aumento in valore del 7,7%. Ma anche tutto il mercato privato beneficerà della ripresa: il non residenziale crescerà del 6% e anche le nuove costruzioni residenziali di un 3%.
Le valutazione dell’Ance tengono conto dei trend e ovviamente scommettono su una consistente risposta delle famiglie e dei condomini all’opportunità offerta dal superbonus, così come sul superamento di una serie di criticità che caratterizzano e incidono in misura rilevante sulla capacità di spesa della committenze pubbliche. Stime e considerazioni che trovano conferma nelle aspettative e nelle valutazioni delle imprese, come attestano i risultati di un sondaggio condotto dalla Banca d’Italia su un campione di imprese di costruzioni del Veneto con almeno 10 addetti. Per la maggioranza degli intervistati le prospettive per il prossimo anno sono, infatti, nettamente positive, motivate soprattutto dalle aspettative sugli effetti che potranno derivare dai recenti incentivi fiscali per le ristrutturazioni delle abitazioni.
Il sistema delle imprese di fronte alla sfida dell’innovazione e della sostenibilità
L’Osservatorio Ance dedica un capitolo alla struttura delle imprese, fornendo anche qualche dato originale sulla loro propensione all’innovazione e rispetto alla sensibilità verso la sostenibilità. L’intreccio tra dati quantitativi e valutazioni qualitative fa emergere una forte segmentazione del tessuto dell’offerta, anche se va detto che i dati a disposizione (relativi peraltro al 2018) non consentono livelli di approfondimento quali sarebbero necessari, ad iniziare da un’articolazione regionale e per aree territoriali tra cui il Nord Est. Appare, comunque, evidente che la quantità di imprese che operano sul mercato (oltre 480 mila) si collocano su segmenti diversi, cosicché diventa urgente un’analisi conseguente e disarticolata per ambiti. La questione di fondo è se la domanda saprà selezionare e scegliere. Proprio su questo NEC intende giocare una partita nei prossimi mesi. In questo scenario un aspetto importate diventa quello di arrivare a definire il segmento industriale delle costruzioni che per ora trova nei 2 indicatori del numero degli addetti e del fatturato i suoi cardini. Ebbene prendendo come valore minimo i 10 addetti il mercato si riduce da 483.000 a 19.740. E guardando al fatturato, se prendiamo come valore minimo i 2 milioni di euro, il perimetro si riduce ulteriormente a poco più di 11.000 imprese. Di queste circa 3.400 fatturano più di 5 milioni. Vale la pena altresì sottolineare come le imprese che operano come attività principale nel settore della cosiddetta ingegneria civile sono 6.500. Anche qui il problema è che le imprese stanno cambiando e diventa urgente ridefinirne i fattori identificanti, cambiando le categorie di indagine, se si vuole realmente capire cosa sta succedendo e immaginare quale sarà il tessuto imprenditoriale dei prossimi anni. Quel che è certo è che se il Governo Draghi opererà come ci si attende, integrando con successo transizione digitale e transizione ecologica e facendo ricadere sulle costruzioni effetti positivi, lo scenario è destinato ad accelerare i processi in atto, ma anche a caratterizzarli sempre più, incentivando un’evoluzione e una selezione nella logica della segmentazione anche dell’offerta, così come avvenuto sul fronte della domanda.