Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

Di Antonio Tita

Nel clima di euforia, non solo calcistica, in cui ci troviamo ad affrontare una sfida che definire  “epocale” non è riduttivo, se paragonato a decenni passati in cui le politiche di sviluppo del nostro sistema paese erano avversate da congiunture negative sul piano delle risorse disponibili, non è cosa superflua interrogarsi sulle reali capacità del nostro paese di risultare vincitore.

Clima alimentato dal varo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e sostenuto dai provvedimenti normativi che il governo ha assunto per accompagnare l’attuazione dello stesso piano.

In più di un’occasione ho avuto modo di utilizzare un paragone per definire l’ambito entro cui si colloca la nostra Pubblica Amministrazione in questa sfida: è come se a ciascuno fosse stata data la possibilità di guidare una macchina di Formula 1 con l’ulteriore agio di non doversi preoccupare delle sorti della stessa macchina (lo sgravio dalla responsabilità per danno erariale da colpa grave).

Ebbene, nella stragrande maggioranza dei casi, ci troveremmo di fronte al rifiuto di guidarla o al più l’abbandono della stessa dopo aver percorso pochi metri, in quanto non è la macchina che conta ma è il pilota o meglio la sua capacità di guidare il mezzo.

Nel percorrere le numerose disposizioni contenute nel decreto semplificazione del 2020 (Dl. 66/2020) e nel recente decreto 77/2021, la sensazione è proprio la stessa.

La vera sfida da cui deriva il conseguimento del risultato atteso dal PNRR è quella di mettere in condizioni la Pubblica Amministrazione di poter guidare quella “fuoriserie” che le è stata messa a disposizione per percorrere il tragitto tracciato.

Eppure, al netto di tale componente, i provvedimenti messi in campo dal Governo paiono di significativo interesse e costituiscono, si spera, l’orizzonte cui orientare la legislazione futura nel campo dei contratti pubblici.

La parola d’ordine, come ben intuibile, è quella del fare presto e bene, ed in questo nulla di nuovo rispetto al paradigma costituzionale cui troppo spesso si è derogato. Efficienza ed efficacia non sono altro che gli addendi che concorrono ad assolvere al risultato atteso. Il primo passo per realizzare ciò,  prima ancora di “semplificare”, è quello di “razionalizzare” il processo e sotto questo profilo il decreto 77 adduce l’ampia fase di digitalizzazione delle procedure ed in particolare la concretizzazione di quella banca dati unitaria in cui far confluire tutte le informazioni necessarie alla Pubblica Amministrazione per poter prima individuare/selezionare gli operatori economici idonei e successivamente concludere con i medesimi i contratti; il tutto sulla riposta fede nel dato contenuto nella citata banca dati.

Per gli addetti ai lavori già questo sarebbe sufficiente ad infondere in loro l’auspicata fiducia, posto che da tempo immemorabile invocano uno strumento ben rappresentato da quella banca dati o anche dal fascicolo dell’operatore economico che dia a quest’ultimo sorta di patente, da sola sufficiente a permettergli di contrarre con la Pubblica Amministrazione.

Il sol fatto di evitare logoranti interrogazioni delle varie banche dati in cui si collocano le informazioni che la norma pretende vengano accertate in capo agli operarti economici e/o professionisti ai fini prima della selezione, poi dell’aggiudicazione ed infine per la contrattualizzazione concentrandone la presenza in un solo contenitore interoperabile e per questo costantemente aggiornato, costituisce di per sé una razionalizzazione. Questo comporta come diretta conseguenza anche l’accelerazione del complesso iter per la concretizzazione di un investimento.

Sotto altro profilo, le misure volte a concentrare i provvedimenti autorizzatori ed il potere sostitutivo costituito in capo al Rup, di certo sono strumenti idonei a consentire di superare il gap temporale nella realizzazione degli investimenti ma da soli non bastano.

Uno degli aspetti nodali è dato dallo sviluppo della progettazione che nella normalità deve concludersi prima dell’avvio della fase di affidamento dell’appalto e la successiva esecuzione.

In tale chiave mi pare costituisca una novità significativa la prospettazione di una nuova forma di appalto integrato in cui l’obbligazione dello sviluppo della progettazione definitiva ed esecutiva venga posta a carico del concorrente che partecipa ad una gara in cui sia posto a base un progetto di fattibilità tecnica ed economica.

Personalmente, ritengo che sia una delle novità assolute apportate dal decreto 77, al pari della banca dati dei contratti pubblici e del fascicolo dell’operatore economico e che sia realmente in grado di contrarre in una fase unica ciò che fino ad oggi è articolato in diversi momenti, con l’indubbio vantaggio di porre a carico dell’aggiudicatario lo sviluppo di una progettazione sulla quale non potranno sorgere contestazioni in sede esecutiva una volta approvato il progetto.

Si tratta di una vera e propria scommessa in cui l’amministrazione si misura sulla propria capacità di predisporre una progetto di fattibilità tecnica ed economica in grado di tradurre le proprie esigenze anche e soprattutto prestazionali, stimandone adeguatamente il valore di riferimento. Gli operatori economici e i professionisti dovranno saper meglio costituire rapporti leali e qualitativamente all’altezza in vista di una proficua collaborazione per il conseguimento del risultato finale.

Per operatori economici e professionisti si tratta del rovescio della medaglia legato alla richiesta di maggior qualificazione delle stazioni appaltanti ed al pari di questa pretende un’elevazione qualitativa dei soggetti chiamati ad elaborare progetti da poter adeguatamente eseguire.