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A colloquio con Carlo Trestini Presidente di CNCE – a cura di Mimosa Martini

Quest’anno il titolo dato alle Giornate nazionali della CNCE richiama l’America, collegando l’edilizia al concetto di “nuova frontiera”.  “Un richiamo – sottolinea il presidente Carlo Trestini – che nasce dalla consapevolezza che il settore è di fronte a una sfida storica, quella di accettare e cavalcare un cambiamento epocale. Avere di fronte una nuova frontiera vuol dire adeguarsi a qualcosa di profondamente nuovo e diverso dal passato. A Verona vogliamo aprire una discussione ampia e franca all’interno del sistema bilaterale e confrontarci con le Parti sociali per condividere un percorso che ci deve portare tutti insieme verso un’edilizia più sicura e un mercato in grado di salvaguardare e premiare chi opera nel pieno rispetto della legge e della regolarità contributiva.”       

Nel sottotitolo delle Giornate vengono richiamate parole come sicurezza e regolarità dall’altro la questione del ricambio generazionale, della scarsità di mano d’opera e quindi della necessità di attrarre i giovani nelle costruzioni. Oggi sul fronte della regolarità si apre una nuova fase grazie all’entrata in vigore del Decreto che introduce l’obbligatorietà della congruità tra valore di un appalto e struttura della mano d’opera.

“Si tratta di un provvedimento che avrà impatti molto positivi sulle costruzioni. Con l’entrata in vigore delle norme sulla congruità tutto il sistema bilaterale raggiunge un obiettivo storico. E’ il punto di arrivo di un processo avviato diversi anni fa e costituisce un punto fermo della nuova frontiera. Con essa l’edilizia fa un salto notevole verso il futuro. Essa costituisce un perno su cui rilanciare il settore dal punto di vista della regolarità con effetti molto positivi anche sul piano della sicurezza sul lavoro, riducendone i rischi.  La congruità contribuirà anche a rafforzare un processo di qualificazione delle imprese oggi quanto mai necessario.

Il secondo fronte per la bilateralità delle costruzioni su cui la CNCE intende svolgere un ruolo proattivo riguarda la questione della carenza di mano d’opera e la necessità di saper riportare nell’edilizia nuove generazioni.

Si tratta di due tematiche strettamente collegate ma che vale la pena affrontare separatamente, evitando equivoci che possono contribuire a rendere meno efficaci le iniziative che dobbiamo prendere. La carenza di mano d’opera è un problema generale che riguarda ambiti lavorativi differenti e tutte le fasce di età. Se da un lato abbiamo bisogno di tecnici e di nuove professionalità resta alto anche il fabbisogno di manovalanza di base, di chi è chiamato a svolgere lavori basilari per le costruzioni. Qui bisogna essere chiari: se gli italiani non vogliono fare questi mestieri dobbiamo facilitare l’accesso al settore di lavoratori provenienti da altri continenti, trovando soluzioni di integrazione e di incentivazione. Chi prende posizioni ideologiche di resistenza a questo processo nega di fatto la realtà e penalizza fortemente le potenzialità di sviluppo del nostro settore, con effetti pesantemente negativi sullo sviluppo del Paese. Per quanto riguarda invece i giovani si tratta di una sfida che riguarda in nodo particolare il nostro sistema bilaterale. Dobbiamo attivare iniziative e progetti in grado di evidenziare come il cantiere e il processo produttivo edilizio stia cambiando velocemente. E non è un caso che nel sottotitolo abbiamo richiamato parole come innovazione e sostenibilità. E’ intorno a questi nuovi paradigmi che dobbiamo costruire la nostra offerta ai giovani sapendo innovare la nostra formazione e sapendo raccontare come le nostre imprese hanno cambiato il loro modo di lavorare, descrivere i cantieri e processi decisionali e le relazioni tra le persone, così come i servizi offerti al di fuori della stretta attività lavorativa. Dobbiamo essere capaci di trasmettere il principio dell’interdipendenza tra luogo di lavoro e ambiente sociale.