Di Enzo Pelosi e Alessandro Valmachino –
Il settore dell’edilizia fa un uso intenso delle risorse naturali, provocando conseguentemente un progressivo impoverimento della materia prima, che non è illimitata. Contemporaneamente, le attività generano notevoli quantitativi di scarti in entrambe le fasi di costruzione e di demolizione: secondo il “Rapporto rifiuti speciali” redatto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISPRA con la collaborazione del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente SNPA del 2020, dei 143 milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotte in Italia nel 2018, oltre il 40% è costituito da rifiuti da costruzione e demolizione (classificati con codice EER 17), vale a dire quasi 60 milioni di tonnellate, valore in costante crescita ormai da alcuni anni.
Come previsto dalla Direttiva europea relativa ai rifiuti recentemente modificata nell’ambito del noto pacchetto di “Economia circolare”, devono quindi essere adottate le misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei materiali e il riciclaggio (ovvero il recupero di materia) dei rifiuti non pericolosi provenienti dalle attività di costruzione e demolizione: l’attuale obiettivo comunitario prevede di recuperare il 70% in peso di tali materiali, addirittura escludendo dal conteggio le terre e rocce da scavo.
Pertanto, al fine di tutelare sia l’ambiente che la salute umana, è importante definire una corretta gestione dei materiali di risulta, compatibile con le norme a tutela della prevenzione dell’inquinamento.
Demolizione selettiva, le indicazioni della Regione Veneto
Al fine di ottimizzare la gestione dei rifiuti generati da attività di costruzione e demolizione e di renderne più efficace il recupero, la Deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 1773 del 28 agosto 2012 definisce le modalità secondo le quali è opportuno procedere, come avviene anche in altri settori produttivi, ad una corretta programmazione e gestione del cantiere in modo da differenziare i rifiuti prodotti, suddividendoli per categorie omogenee compatibilmente con le dimensioni del cantiere.
Nel caso delle attività di demolizione, la soluzione più efficace è quella di procedere attraverso operazioni di “demolizione selettiva”, separando le varie tipologie di rifiuti dai componenti riutilizzabili e avviandole a idonei impianti di conferimento. Operando attraverso questi accorgimenti si possono perseguire due obiettivi fondamentali: la riduzione dei quantitativi dei rifiuti prodotti e la separazione degli stessi con avvio a un recupero più efficiente delle frazioni separate.
Figura 1: i passaggi della demolizione selettiva
La demolizione selettiva prevede un insieme di fasi operative suddivise in:
- indagine preliminare: in accordo con committente, progettisti, proprietà e soggetti interessati, devono essere valutate la tipologia (fabbricati civili, commerciali, artigianali o industriali) e le caratteristiche delle strutture oggetto di intervento, le attività svolte in precedenza nelle strutture per verificare se e come abbiano influito sulle caratteristiche qualitative dei materiali oggetto di demolizione, le caratteristiche del sito e dell’area circostante, la presenza di componenti riutilizzabili e soprattutto la presenza di eventuali criticità quali amianto, rivestimenti e materiali isolanti, apparecchi contenenti PCB (trasformatori, interruttori, condensatori), cisterne interrate, condutture, impianti, pavimentazioni in asfalto e rifiuti abbandonati;
- attività preliminari alla demolizione: prima di procedere alla demolizione delle strutture murarie e di fondazione, si deve provvedere alla rimozione delle criticità, anche mediante affidamento a ditte specializzate ed autorizzate (es. bonifica dell’amianto) e provvedendo alla raccolta differenziata dei rifiuti prodotti;
- demolizione effettiva: completata l’attività di “smontaggio” si può procedere alla demolizione della struttura, con accumulo in cantiere dei rifiuti effettuato per categorie omogenee (es. mattoni, mattonelle, cemento) attribuendo a ciascuna il rispettivo codice EER in modo tale da evitare, per quanto è possibile, cumuli di rifiuti misti.
Spetta all’impresa la corretta gestione dell’iter per lo smaltimento, che prevede il deposito temporaneo soggetto a precisi requisiti, la caratterizzazione e l’affidamento dei rifiuti prodotti a soggetti autorizzati alla loro gestione.
Infatti, diversamente dalle terre e rocce da scavo che godono della possibilità di essere qualificate come “sottoprodotti” di cui al regolamento applicativo D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120 ed essere destinate a riutilizzo diretto, i rimanenti rifiuti inerti da costruzione e demolizione non possono essere riutilizzati direttamente dal produttore in cantiere o in altre opere, ma devono essere trasportati a impianti di recupero autorizzati al loro riciclaggio, presso i quali sono sottoposti a opportuni trattamenti al fine di essere riutilizzati nel settore edilizio secondo le norme tecniche di riferimento.
Presso tali impianti, la dimostrazione che la demolizione è stata condotta con modalità selettiva, effettuabile predisponendo un’apposita dichiarazione, consente indubbi vantaggi, anche economici, rispetto agli obblighi di analisi dei rifiuti richiesti.